L'irriconoscibile Putin e il non riconosciuto Zelensky

Micol Flammini

Il presidente ucraino non sa chi sia il russo, il presidente russo non ha intenzione di parlare con l'ucraino. Si cercano armi perché con Mosca non si riesce a parlare 

Oggi i ministri della Difesa dei paesi dell’Alleanza atlantica si incontreranno e discuteranno l’invio  di armi, le fasi della guerra in Ucraina e i suoi scenari. Il fatto che si parli di armi non vuol dire che il mondo abbia perso la voglia di colloqui e di negoziati, ma che al momento parlare non è possibile. La Russia si sta preparando a un nuovo ciclo di attacchi, senza aver abbandonato l’ambizione di arrivare fino alla capitale Kyiv.  Le sue condizioni per negoziare sono che l’Ucraina riconosca l’occupazione come legittima. Dopo aver subìto morte e devastazioni, secondo il Cremlino, gli ucraini dovrebbero quindi accettare di aver perso quasi il 20 per cento del loro territorio. Anche il presidente Volodymyr Zelensky ha  presentato le sue condizioni per la pace, sono dieci punti che illustrano la più ovvia richiesta che si possa fare a un paese aggressore: vattene e ricostruisci quello che hai devastato. La Russia non vuole smettere di combattere e attaccare, nonostante le perdite umane inflitte al suo stesso esercito e l’isolamento internazionale, ha rigettato i dieci punti di Zelensky e il presidente russo Vladimir Putin ha detto mercoledì di aver iniziato una guerra per ottenere la pace. Quindi andrà avanti con le armi e non con le parole. I funzionari di Mosca, inoltre, ripetono spesso che non hanno alcuna intenzione di parlare con Zelensky e da mesi stanno presentando il conflitto come un confronto con la Nato. 

 

Dire di combattere contro l’Alleanza atlantica serve anche come scusa davanti ai cittadini: una cosa è combattere contro gli ucraini un’altra è farlo contro la Nato. L’Ucraina è presentata come una marionetta traditrice che si è lasciata irretire dalle sirene americane,  per questo il presidente del Cremlino dice di non voler parlare con Zelensky. Non riconosce il presidente ucraino  legittimamente eletto (alle presidenziali del 2019, quando l’ex attore vinse, la regolarità del voto venne certificata anche  dagli osservatori internazionali presenti), né il suo paese. 

Al Forum economico di Davos, Zelensky è stato invitato a tenere un discorso e ha anche risposto ad alcune domande sulla possibilità di parlare con Mosca. Qualche mese fa Zelensky  aveva detto di essere disposto a dialogare con il Cremlino ma con il futuro presidente russo, uno nuovo, non importa se con idee diverse, ma non con Putin. Poi era tornato sulle sue dichiarazioni, ammorbidendole, anche su richiesta americana. A Davos ha riproposto i dubbi  su chi dovrebbe prendere come interlocutore a Mosca, visto che di Vladimir Putin si sa  poco.  Il presidente ucraino ha detto di non capire neppure bene “con chi parlare e di cosa. Non sono sicuro che il presidente della Russia che compare sullo sfondo verde sia lui. Non capisco se sia vivo, se prende decisioni o se le prende qualcun altro. Chi sono queste persone? Non ho nessuna informazione”. Zelensky non sa chi sia il suo interlocutore, se sia vivo, morto, se sia uno schermo. I due non si riconoscono a vicenda, per ragioni molto diverse: il russo non vuole parlare con l’ucraino, l’ucraino non sa con chi dovrebbe parlare a Mosca. 

Spesso viene agitato il nome di un “partito della pace” al Cremlino che potrebbe aiutare a favorire un negoziato tra le due nazioni. Non è questione di idealismo, ma di pragmatismo e si tratta di funzionari   che vedono come insensata la guerra senza giudicarla per forza sbagliata. Il fatto che lo pensino non vuole dire che favoriranno un negoziato: spesso ricoprono incarichi di prestigio, che dipendono strettamente da Putin.   

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.