Editoriali
Londra vuole chiudere pure gli Istituti Confucio. L'Italia è ancora indietro
Rishi Sunak chiude ai tentacoli di Pechino che minacciano le università del Regno Unito, e non solo: non saranno più tollerate le "stazioni di polizia". Nel nostro paese, invece, nonostante i messaggi di Giorgia Meloni contro la Cina, la posizione in merito resta ambigua
Gli Istituti Confucio sono una minaccia per molte università nel Regno Unito e il nuovo primo ministro Rishi Sunak “cercherà di chiuderli”. L’ha annunciato ieri il ministro della Sicurezza del governo di Londra, Tom Tugendhat, parlando alla Camera dei comuni. Gli sono state rivolte molte domande sull’influenza della Cina nel paese, e per la prima volta dopo molti anni le risposte sono state più circostanziate del previsto, in un cambio di passo notevole per il Regno Unito – dopo gli anni di governo di Boris Johnson, che si era autodichiarato un “fervente sinofilo” e durante i quali Pechino era definita soltanto “una sfida”, e il troppo breve esecutivo a guida Liz Truss.
Tugendhat ha spiegato ieri il nuovo indirizzo di Londra, che sarà molto più simile a quello sancito dal documento di Sicurezza nazionale della Casa Bianca di Joe Biden: le influenze delle potenze autoritarie straniere verranno fermate. Non solo gli Istituti Confucio dentro alle università inglesi, quindi, ma non saranno più tollerate le “stazioni di polizia” cinesi e tutti gli altri strumenti che Pechino usa per la “repressione, coercizione, le molestie e le intimidazioni transnazionali legate a una potenza straniera”.
Mentre Londra cerca di accelerare un percorso inevitabile per ristabilire i confini di un rapporto diplomatico formale con la seconda economia del mondo, l’Italia, nonostante i preliminari messaggi della presidente del Consiglio Giorgia Meloni contro la Cina, continua ad avere una posizione piuttosto ambigua. Nessun ministro si è ancora espresso sulla questione delle stazioni di polizia cinese sul territorio italiano, men che meno sugli Istituti Confucio nelle università italiane. Nel frattempo, sul blog di Beppe Grillo, fondatore del M5s, è apparso l’ennesimo articolo celebratorio del regime di Pechino: l’autore è il solito Fabio Massimo Parenti, che a proposito del recente Congresso del Partito comunista cinese usava le stesse espressioni di un funzionario del Partito. Pura propaganda.
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