Fine di governo

Si è dimessa anche Liz Truss, quarto premier dal 2016. Il buio del Regno Unito

Paola Peduzzi

Tutta colpa della Brexit? Non tutta, ma ha creato un gorgo che ha risucchiato le prospettive di crescita e la classe dirigente dei conservatori cannibali

Milano. Liz Truss si è infine dimessa dall’incarico di primo ministro britannico dopo sei tormentate e costosissime settimane. Nel giro di pochi giorni il Partito conservatore sceglierà il prossimo premier, il quinto da quando gli inglesi hanno scelto di votare la Brexit. Il male britannico al di là delle sue colorite e improbabili crisi – Boris Johnson cacciato perché poco serio, con le feste durante il lockdown e la tolleranza nei confronti dei suoi collaboratori sporcaccioni; Liz Truss cacciata perché ha venduto per thatcheriana una manovra economica che non poggiava su nulla se non sull’ideologia e la volontà di andare controcorrente rispetto ai suoi stessi compagni di partito – è in gran parte il divorzio dall’Unione europea, votato da mezzo paese sulla base di fantasie e diventato poi complicato e, ed è questo il punto, costoso. L’Economist dice che il Regno Unito è come l’Italia – è curioso che molti di quelli che si lamentano che certe cose “succedono soltanto in Italia” si sentissero profondamente offesi da quella forchetta con gli spaghetti in mano alla Truss sulla copertina del magazine  – ma in realtà questa crisi prolungata che ha travolto la classe dirigente del partito al governo (brexitaro) è superbritish  perché è la conseguenza di un grande rischio che come tale può portare a enormi successi o a fallimenti clamorosi. Un rischio esclusivamente inglese, tanto che pure le pulsioni per abbandonare l’Ue si sono congelate guardando come sta andando agli inglesi.

 

Certo, la Brexit non è l’unica ragione, anche se la più evidente. Tom McTague, commentatore raffinato dell’Atlantic, dice che la Brexit   “non è innocente”, ma “le cose andavano male prima che Liz Truss facesse esplodere l’economia inglese, prima che Boris Johnson arrivasse al potere e pure prima  che ci arrivasse Theresa May: anzi, una delle ragioni per cui gli inglesi votarono per la Brexit era proprio che le cose non andavano affatto bene”. I dati del declino inglese sono impressionanti, ma i tassi di crescita  asfittici sono stati determinati anche dalla Brexit   e soprattutto la Brexit ha creato un cratere dentro il Partito conservatore, che ha portato a questo cannibalismo estremo e persino alla nomina da parte degli stessi conservatori (la base del partito ma pure i parlamentari) di una premier come la Truss che già durante la sua breve campagna agostana per la leadership aveva fatto promesse folli. Oltre a non aver più una leadership nuova da proporre, i Tory devono anche risolvere i guai contingenti: finanziari, di immagine (la competenza dei conservatori sui conti è compromessa a livello internazionale) e politici. 

 

In un quarantina di giorni al governo, la Truss ha lanciato il Labour 30 punti percentuali davanti ai Tory.  La successione dovrebbe essere rapida e si annuncia anche divertente, sempre se ci si lascia abbagliare dal folklore politico britannico, scandito nelle ultime ore da un cespo di lattuga che non è ancora appassito al contrario della Truss e anche dal tofu, perché la ministra dell’Interno Suella Braverman, in pieno sermone contro i “nemici” ha citato “quelli che mangiano tofu”, e i giapponesi si sono molto risentiti. Se davvero la sfida sarà tra Rishi Sunak e Boris Johnson, che fino a luglio  erano cancelliere dello Scacchiere e premier dello stesso governo, con l’aggiunta di Penny Mourdant, la ministra-che-parla-schietta che purtroppo soltanto qualche giorno fa era a difendere la Truss ai Comuni (“non si sta nascondendo sotto la scrivania”, ha detto, immaginate i meme), si annunciano giornate poco noiose.

 

Ma ricostruire un partito e un governo non è un affare da poco, men che meno con l’inverno del discontento globale alle porte. Il Financial Times dice: Tory, cogliete quest’occasione per piantarla con la vostra guerra civile e costruite un governo “con tutti i talenti”, lasciando perdere le correnti, le inimicizie, le ferite, le vendette. Secondo il quotidiano della City, Sunak potrebbe essere l’unico in grado di  mettere in piedi in breve tempo un progetto del genere, ma è la volontà generale del partito che può fare la differenza. La brutalità con cui i parlamentari hanno affossato prima Johnson e poi la Truss deve essere contenuta, non soltanto per aggiustare i danni finanziari, non soltanto perché un decennio di cannibalismo interno ha lasciato soltanto politici ammaccati, ma per evitare quel che tutti i Tory, in questo caso, e solo in questo, unitissimi, temono: il voto anticipato. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi