"L'Armageddon"

Questa guerra finisce con il fungo atomico? Lo storico Timothy Snyder dice di no

Paola Peduzzi

Secondo lo storico americano questa battaglia probabilmente non finirà come temiamo per ragioni storiche e contingenti

Milano. Vladimir Putin “non scherza quando parla dell’utilizzo di armi nucleari tattiche o di armi biologiche e chimiche”, ha detto il presidente americano Joe Biden: “Non eravamo mai stati tanto vicini alla prospettiva di un Armageddon dalla crisi dei missili a Cuba con Kennedy”. Il presidente americano è sicuro che non ci sia la possibilità di un utilizzo chirurgico di armi nucleari, che una volta che vengono utilizzate ogni cosa va fuori controllo, “non vedo uno scenario in cui si usano con leggerezza le armi tattiche e non si finisce con un Armageddon”.

 

Volodymyr Zelensky, presidente ucraino, insiste sul pericolo nucleare (anche perché l’Ucraina viene minacciata da molto tempo) e aggiunge: “Cosa dovrebbe fare la Nato? Eliminare la possibilità che la Russia usi le armi nucleari. Mi rivolgo ancora una volta alla comunità internazionale, come facevo prima del 24 febbraio: servono degli attacchi preventivi in modo che i russi sappiano che cosa accadrà, non deve andare al contrario, cioè aspettare gli attacchi nucleari russi” e poi reagire. La reazione a entrambe le dichiarazioni è stata: Biden e Zelensky ci stanno portando alla guerra nucleare. E’ invero per tanti molto facile, in questa guerra, ribaltare il rapporto causa-effetto, così come quello tra aggressore e aggredito: è Putin che ha detto “non sto bluffando” quando ha parlato dell’utilizzo di armi nucleari ed è sempre Putin che impone la necessità di un piano di difesa. Ma ora che c’è il pericolo del passaggio da una guerra convenzionale a una nucleare è tornato forte il ritornello della “provocazione” – in sostanza: se Putin si sente provocato reagisce male – con in più il carico non secondario della paura del fungo atomico: la strategia del “non sto bluffando” e quella della deterrenza si alimentano, mischiandosi anche alla crisi energetica e all’inverno del grande scontento in arrivo. I commentatori e gli analisti si interrogano su quel che può succedere, esattamente come accadeva prima dell’inizio della guerra convenzionale (che doveva essere un blitz tra l’altro), ma con un pericolo enormemente più grande.     

 

Timothy Snyder è uno storico americano specializzato nella storia dell’Europa centrale, autore di saggi imprescindibili come “On Tyranny”, appena aggiornato con venti lezioni sull’Ucraina, che qualche giorno fa ha pubblicato sul suo account Substack un’analisi dal titolo: “Come finisce la guerra russo-ucraina?”, la domanda suprema, alla quale dà una risposta complessa e articolata  riassumibile in: non finisce con il fungo atomico. Snyder parte da alcuni assunti comunemente dati per veri e li ribalta: è il suo modo di interpretare la storia e il presente, come mostra nel suo ciclo di lezioni sulla “Nascita dell’Ucraina moderna” a Yale, disponibile su YouTube e patrimonio inestimabile di conoscenza.  Snyder dice che abbiamo una certa difficoltà a vedere come l’Ucraina possa vincere, pure se è chiara la sua avanzata, perché “il nostro immaginario è intrappolato in un’unica ed eppure improbabile variante di come finiscono le guerre: con una detonazione nucleare. Siamo immersi in questo scenario perché ci sembra che manchino altre varianti e perché questa ha proprio l’aria di una fine”. 

 

Secondo Snyder questa guerra probabilmente non finirà come temiamo per ragioni storiche e contingenti. La ragione storica: “Nazioni con armi nucleari si combattono tra loro e perdono dal 1945, senza usarle. Potenze nucleari hanno perso guerre umilianti in posti come il Vietnam e l’Afghanistan e non hanno usato armi nucleari”. E allora perché questa accelerazione? Putin sta perdendo la guerra convenzionale che ha iniziato, spera che l’evocazione atomica rallenti le forniture d’armi degli alleati dell’Ucraina dandogli il tempo di far arrivare le sue truppe sul campo e rallentare l’avanzata ucraina: “Forse sbaglia nel pensare che questa strategia funzioni, ma l’escalation retorica è una delle poche cose che gli sono rimaste”, scrive Snyder. Ma, ed è questo il punto centrale secondo lo storico, assecondare il ricatto nucleare non porrà fine alla guerra convenzionale “e renderà l’opzione nucleare più probabile”: non soltanto il ricattatore penserà di poter insistere, “perché funziona”, ma alimenterà anche le ambizioni nucleari di altri dittatori e lo standard diventerà il conflitto nucleare, o quantomeno la proliferazione di armi nucleari.

 

Ci sono poi le ragioni contingenti. Snyder ne elenca alcune: quando il leader ceceno Kadyrov dice che bisogna passare al nucleare  intende l’utilizzo in Ucraina, che è il posto in cui sta mandando persino i propri figli a combattere: “Perché possano venire contaminati dalle armi nucleari?”, chiede Snyder. Allo stesso modo, la mobilitazione di Putin non sta andando bene ma gli uomini russi arrivano e arriveranno: non hanno l’equipaggiamento per una guerra convenzionale, figurarsi se ce l’hanno per le radiazioni atomiche: “Putin prende il rischio politico di una mobilitazione su larga scala per inviare truppe in Ucraina e poi lancia armi nucleari lì vicino?”. E ancora: Mosca annette dei territori ucraini, dice che saranno russi per sempre, e poi manda armi nucleari lì vicino? “Non è impossibile”, scrive Snyder, “ma è molto improbabile”. Pure se accadesse, “la guerra non finirebbe, non con una vittoria russa almeno”. C’è poi da considerare il fatto che l’esercito ucraino ha mostrato una grande abilità nell’individuare e colpire le posizioni e gli armamenti russi: è molto rischioso muovere le armi nucleari vicino a un campo di battaglia che non si controlla del tutto.

 

Secondo lo storico americano, è necessario uscire dalla trappola di: “Putin è con le spalle al muro, cosa farà?”, per due ragioni: il presidente russo ha già subìto molte umiliazioni in questo conflitto, se la sua reazione all’umiliazione fosse l’arma atomica probabilmente l’avrebbe già usata. E le truppe russe non sono contro un muro, sono al sicuro se si ritirano, il muro ce l’hanno semmai davanti a loro. Il problema di Putin è la credibilità e la sua forza dentro al Cremlino e alla Russia e ancora di più la possibilità di controllare gli uomini armati. “La guerra è una forma della politica e il regime russo è alterato dalla possibilità della sconfitta”, scrive Snyder e quando la resa dei conti ci sarà, non avrà molto senso avere tutti i soldati russi a disposizione in Ucraina e non vicino a dove  lo scontro avviene. Ancor meno ha senso averli contaminati dalle radiazioni.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi