(foto di Ansa)

titubanze

Le giravolte di Herr Scholz, che sul riarmo tedesco ci pensa, ci ripensa e ancora non sa

Daniel Mosseri

La Cancelleria è restia sull'aumento delle spese per la difesa e rema contro l'embargo sugli idrocarburi. Per il vicecancelliere Habeck (verdi) bisogna aiutare l'Ucraina ma senza esporsi troppo

Berlino. Il 27 febbraio scorso il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, aveva promesso che avrebbe aggiunto al bilancio federale un fondo per la difesa pari a 100 miliardi di euro, impegnandosi anche a rispettare il contributo dovuto da ogni paese alleato della Nato, il 2 per cento del pil. Dopo le critiche iniziali, ha anche rotto il tabù dell’invio di armi all’Ucraina, consegnando materiale bellico. Eppure  il cancelliere tedesco sembra aver avuto dei ripensamenti. La Germania ha cambiato idea più volte, e dopo aver annunciato e ritrattato la questione del riarmo, venerdì scorso fonti vicine al governo tedesco hanno di nuovo raccontato a diversi media che  Olaf Scholz intende spendere altri 2 miliardi di euro in nuove attrezzature militari, principalmente per aiutare l’Ucraina.

 

Troppi annunci e giravolte; così, a dubitare dell’abilità del timoniere socialdemocratico è stato un alleato di peso: il capogruppo della commissione Affari Ue al Bundestag Anton Hofreiter, già presidente dei Verdi. Tornato da una missione a Kyiv, l’esponente dei Grünen ha dichiarato a Rtl che “occorre dare all’Ucraina ciò di cui ha bisogno, e cioè armi pesanti”. E se Berlino non lo sta facendo “il problema è la cancelleria”, che oltretutto “sta massicciamente perdendo prestigio agli occhi degli alleati europei” per il suo no all’embargo contro gli idrocarburi russi, “ma per farlo serve molta leadership”.

 

Dichiarazioni forti  che hanno spronato lo stesso vicecancelliere dei Verdi, Robert Habeck, a correggere il tiro di Hofreiter spiegando che, sì, “dobbiamo aiutare l’Ucraina che sta combattendo anche per noi, ma è nostra responsabilità non diventare noi stessi il bersaglio degli attacchi”. E a chi ha chiesto al vicecancelliere se fosse a favore della cessione a Kyiv di vecchi blindati Leopard 1 dismessi dalla Bundeswher, oggi nelle mani del produttore di armi Rheinmetall, Habeck ha risposto: “Non sono ancora pronti”. E’ questo il nodo centrale della questione: Scholz ha promesso e inviato armi all’Ucraina dall’inizio del conflitto. Da qualche giorno però la ministra della Difesa Christine Lambrecht ha informato il paese che gli arsenali della Bundeswehr hanno finito le scorte. Traduzione: se cediamo altro materiale a Kyiv rischiamo di scoprire il fianco nel caso di un attacco contro di noi. Una situazione difficile per Scholz che al momento può offrire all’Ucraina solo materiale “vecchio” come i carri Leopard 1 e i Marder, carri che hanno fra l’altro bisogno di ancora almeno un mese di restauro prima di tornare sul campo di battaglia.

 

I Verdi non sembrano avere dubbi. Al cancelliere che ha appena promesso 100 miliardi di euro per rilanciare una Bundeswehr trascurata per circa 20 anni, l’idea di restare senza armi non va tanto giù. Nel frattempo ha incassato lo schiaffone che gli ucraini hanno assestato al presidente federale Frank-Walter Steinmeier respingendo il suo auto-invito a Kyiv perché considerato troppo filorusso – ma l’ufficio del presidente Volodymyr Zelensky  ha poi negato di essere mai stato contattato da quello del capo di stato tedesco. Parlando a Rbb, Scholz ha poi rassicurato i tedeschi. “Abbiamo consegnato le armi, le stiamo consegnando e continueremo a farlo”. Quanto a Steinmeier, gli amici ucraini “avrebbero fatto meglio a riceverlo”. Ma la questione armi pesanti resta irrisolta al pari di quella del vaccino obbligatorio che Scholz e il suo ministro della Salute Karl Lauterbach hanno proposto e che il Bundestag ha bocciato. 

Di più su questi argomenti: