“Sono ovunque”. Così il sindaco pugile Klitschko salva e cura Kyiv

Siobhán O'Grady

Il "Dottor Ironfist", era conosciuto come campione del mondo dei pesi massimi. Le sue costanti apparizioni nella capitale assediata sono servite come forza unificante per gli ucraini

Kyiv – In una zona residenziale della capitale, di fronte a un condominio gravemente danneggiato, un tram distrutto e un marciapiede cosparso di sangue, si ferma un Suv. Solo un’ora prima c’era stato un sospetto attacco russo. Vitali Klitschko, il sindaco della capitale, scende dal veicolo e si  infila sotto il nastro bianco e rosso che tiene i civili lontani dalla scena. Per un sindaco  in una città sotto assedio, quello è  un luogo fin troppo familiare per non fermarsi. 

 
Dieci anni fa Klitschko era conosciuto come un pugile leggendario e campione del mondo dei pesi massimi. Il suo soprannome era Dottor Ironfist, pugno d’acciaio: un riferimento al suo dottorato in Scienze dello sport e alle sue mani grandi come piatti. Ora, nel mezzo della guerra, emerge come una figura molto importante. Per più di sei settimane la sua città ha resistito alla minaccia imminente della presa da parte dei russi con lui, alto due metri, al timone. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, un comico diventato politico, è stato apprezzato da tutto il mondo per essersi rifiutato di lasciare la capitale, ma Klitschko è stato perfino più presente fra le strade di Kyiv trasformate in barricate. Mentre le forze russe cercavano di invadere la capitale, il sindaco andava a sui luoghi degli attacchi man mano che avvenivano. Ha confortato i sopravvissuti e salutato i primi soccorritori. Ha partecipato a un matrimonio al checkpoint delle Forze di Difesa territoriale. Ha condiviso su Instagram le sue visite in città, esprimendo rabbia per gli attacchi russi contro i civili. A Bucha, pochi giorni dopo la sua liberazione, mentre i corpi giacevano ancora per le strade, ha dichiarato che ciò di cui è stato testimone equivale a un genocidio.

  

  
   

“La mia priorità come sindaco della mia città natale è salvare la vita dei nostri cittadini”, ha detto di recente in un’intervista. Restare nella capitale non è stata tanto una decisione, quanto il compimento di una “missione”. “In questo momento io ci sono, e sono ovunque”, dice. Pure sui social, dove  i suoi post fanno parte di una campagna di pubbliche relazioni e il suo saper stare davanti alle videocamere lo deve agli anni trascorsi sotto le luci del ring. In molti nella capitale  sospettano che stia pensando di candidarsi alla presidenza. Ma le sue costanti apparizioni nella Kyiv assediata sono servite anche come forza unificante per gli ucraini. Secondo i residenti, anche quelli che non lo amavano particolarmente prima della guerra, il suo approccio non tradizionale sta funzionando. “Né il nostro presidente né il nostro sindaco erano dei politici”, dice Kostya Suspitsyn, una product designer e ora volontaria, “ecco perché oggi siamo così forti”.

   
Klitschko è nato nel 1971 in Kirghizistan, figlio di  un pilota dell’aviazione sovietica. Lui e suo fratello minore Volodymyr hanno iniziato a boxare da bambini, poi è arrivata la fama, e sono diventati due dei pugili più leggendari al mondo. Come professionisti non hanno mai combattuto fra loro, per onorare una promessa fatta alla madre. Nonostante abbiano raggiunto i titoli di campioni dei pesi massimi, hanno continuato i loro studi e le lauree specialistiche. Alla fine, Vitali Klitschko ha scelto di vivere a Kyiv e buttarsi in politica, dove, come sul ring, è noto anche per la sua goffaggine. Persino i fan riconoscono la tendenza di Klitschko a perdere il filo o a parlare con frasi sconnesse e incomplete. Alcuni dei suoi errori sono stati condivisi sui social come meme per prenderlo in giro. Tuttavia è emerso come una seria figura della politica ucraina, fondando un partito chiamato Alleanza democratica ucraina per la riforma. Nel 2012 ha vinto un seggio in Parlamento. Nel 2013 si è formalmente ritirato dalla boxe ed è diventato leader del  movimento di protesta iniziato in risposta alla decisione del presidente Viktor Yanukovych di rifiutare un accordo europeo e di allinearsi con la Russia. Il movimento, ora noto come Maidan o la Rivoluzione della dignità, ha segnato un punto di svolta nella storia ucraina e ha stimolato la rielaborazione dell’ordine politico del paese. Klitschko ha inizialmente sfruttato lo slancio per perseguire una candidatura alla presidenza. Quando ha abbandonato Petro Poroshenko, ha rifocalizzato i suoi obiettivi per diventare sindaco, e ora amministra Kyiv dal 2014. All’inizio di quest’anno si è trovato ad affrontare la sua più grande e inaspettata battaglia. Nonostante gli avvertimenti, non aveva mai pensato che si sarebbe verificata un’invasione russa, interpretando l’ammasso di truppe sui confini ucraini questo inverno come poco più di una dimostrazione di forza di Vladimir Putin. Poi, il 24 febbraio, la capitale si è svegliata con una raffica di boati. “Non ci siamo preparati  perché nessuno ci credeva”, ha detto. Ma una volta iniziata l’invasione, non c’era scelta: “Dovevamo difendere il nostro paese”.

  

   
 

Per tutto il mese di marzo le città nei dintorni di Kyiv sono state bombardate incessantemente dalle forze russe. Sono morti civili ucraini. Nella capitale, le sirene dei raid aerei hanno suonato senza sosta. Klitschko ha detto che alla fine di marzo, durante il tentativo di assedio, circa 80 condomini sono stati danneggiati e 100 civili sono stati uccisi. Ma le truppe russe non sono mai riuscite a prendere la città, e si sono ritirate nei giorni scorsi dopo un fallimento che ha sfidato le aspettative di esperti militari e funzionari occidentali. Klitschko attribuisce i successi ucraini al senso del dovere di difenderele proprie vite. Le truppe russe “stanno combattendo per soldi”, ha detto. “I soldati ucraini difendono le nostre famiglie, le nostre donne, i nostri bambini e il futuro delle nostre famiglie, il futuro del nostro paese”.
 Qualche giorno fa Klitschko ha fatto visita a una caserma dei pompieri a nord di Kyiv. Per una volta suo fratello non era lì con lui, era andato in Germania, il paese in cui lui e suo fratello hanno vissuto per anni, per chiedere maggiore sostegno umanitario e militare.

  
Nella boxe, i due hanno definito loro relazione come “l’arma segreta” che gli avversari devono  affrontare. In guerra ha significato mobilitarsi insieme nella difesa della capitale. “Sono molto felice che mio fratello usi il proprio status e i  contatti internazionali per raccogliere denaro per l’Ucraina”, ha detto Klitschko, “mio fratello mi sostiene molto”. Per alcuni cittadini questo legame fraterno ha anche contribuito a migliorare la sua immagine. “Prima della guerra non avevo una grande opinione di lui”, ha detto Andrii Schavinskyi,  sviluppatore di software. “Ma il fatto che sia rimasto a Kyiv e che suo fratello lo sostenga mi fa sentire al sicuro”. Klitschko ha visitato la caserma dei pompieri, ispezionato le nuove attrezzature e ringraziato chi ha contribuito a spegnere le fiamme causate dai russi. I vigili del fuoco gli hanno stretto la mano e mostrato le stanze in cui le donne cuciono reti mimetiche per coprire i posti di blocco e i civili si allenano per il primo soccorso. “Il morale si alza quando le persone al potere vanno da coloro che sono coinvolti nei combattimenti”, ha detto Volodymyr Taran, che ha passato due anni da vigile del fuoco. “Significa che non dimenticano le persone che stanno salvando delle vite”. Fuori, Klitschko abbraccia i vigili del fuoco mentre alcune forze russe indugiano ancora nella periferia della città. In sottofondo, si sente il suono dell’artiglieria, e nessuno batte ciglio.

   

Hanno collaborato Serhii Korolchuk e Serhiy Morgunov
Copyright Washington Post

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