La forza dei sindaci ucraini, che raccontano il massacro, resistono e combattono

Micol Flammini

La leadership in questa guerra si è dimostrata fondamentale e sta facendo la differenza tra l'Ucraina e la Russia. Klitschko, Boichenko e gli altri. Fino a Vitali Kim. governatore di Mykolaïv che dice: "Quando diventiamo indifferenti, i russi si spaventano, ed è allora che riesco a dormire bene la notte”

Roma. Allo stadio Luzhniki di Mosca, Vladimir Putin ha cercato di dare una prova di forza russa. Di mostrare che i suoi cittadini sono con lui e  con la guerra. Alcuni giornalisti  hanno raccontato che i presenti  erano soprattutto dipendenti statali o studenti obbligati ad andare a mostrare il loro amore patriottico. Putin ha lodato i soldati che nelle stesse ore, nella vicina e martoriata Ucraina, continuavano a bombardare alcune città, inclusa Kyiv. Hanno colpito anche l’aeroporto alla periferia di Leopoli, una zona adibita alla riparazione degli aerei. Neppure a Mariupol hanno dato tregua, i combattimenti sono arrivati nel centro della città e il sindaco Vadym Boichenko ha detto che è stato uno dei giorni più duri. Lui è rimasto ad aiutare i  cittadini ad andare via, ogni tanto cerca come può di mandare messaggi, ma l’isolamento e l’accerchiamento valgono anche per lui, che, come tanti altri suoi colleghi, sa che potrebbe essere il primo a rischiare, come i sindaci di Melitopol, Dniprorudne e Skadovs’k, tutti e tre rapiti,  soltanto uno è stato liberato: Ivan Fedorov. In questa guerra la leadership si  è dimostrata fondamentale e Putin, con il suo tuffo nella folla di ieri, se lo è ricordato tardi. Il carisma di Volodymyr Zelensky, che rimane, resiste, comunica, dà forza alle persone e all’esercito, fa sentire agli ucraini  che nessuno si tira indietro. Ma oltre al presidente ci sono i sindaci e gli amministratori locali, mini Zelensky, tutti parte della resistenza. C’è Vitali Klitschko, il sindaco di Kyiv, che va in giro per la città in mimetica, visita i soldati e come il presidente ha anche un talento per richiamare l’attenzione dell’occidente. 

 

Nessuno cede, non ci sono cantilene, ogni tanto c’è addirittura sarcasmo nel modo in cui Klitschko parla di questa guerra, degli attacchi e di quello che servirebbe ancora all’Ucraina e che gli alleati non sono disposti a concedere. A Leopoli, il sindaco Andri Sadovy ha messo 109 passeggini nella piazza principale, uno per ogni bambino ucciso dai russi dall’inizio della guerra. Tutti questi primi cittadini si sono trasformati, come Zelensky, in leader di guerra e di resistenza e sanno che la comunicazione è fondamentale. Vladyslav Atroshenko, sindaco di Chernihiv, ha pubblicato le immagini di bare di legno seppellite in trincea, ci sono stati più di duecento morti in città e il cimitero principale si trova in una delle aree in cui si combatte. Vitali Kim è il governatore della provincia di Mykolaïv, dove le unità ucraine continuano a respingere i russi e a ostacolare l’avanzata verso Odessa. Coreano per metà e russofono, Kim ha un blog  in cui prende in giro i soldati russi e il loro presidente, impartisce istruzioni ai cittadini, dice dove accatastare pneumatici, dove procedono i combattimenti. Sa che Mykolaïv potrebbe essere la prossima Mariupol,  finora i russi non hanno usato la stessa forza, ma potrebbero farlo. Questi amministratori hanno tutti mostrato il carattere ucraino, non possono cedere, se cedono loro, cedono tutti. Kim ha detto che la paura non serve, serve l’indifferenza: “Quando diventiamo indifferenti, i russi si spaventano, ed è allora che riesco a dormire bene la notte”.

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.