Sputnik, Kremlin Pool. Foto tramite LaPresse 

Macron in visita da Putin. Ma di chi tutela gli interessi? 

David Carretta

La mediazione francese con la Russia ha diverse criticità e un brutto precedente: la Georgia. La sfiducia degli europei 

Bruxelles. Emmanuel Macron è stato costretto a un lungo tour virtuale degli alleati occidentali, prima della sua visita di ieri a Mosca per incontrare Vladimir Putin. Negli ultimi cinque giorni il sistema di videoconferenza dell’Eliseo si è surriscaldato: Joe Biden, Boris Johnson, Jens Stoltenberg per la Nato, Charles Michel per l’Ue, i leader di Polonia, Lettonia, Lituania ed Estonia, oltre al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. L’Eliseo assicura che le telefonate servivano al coordinamento occidentale per aumentare la pressione su Putin. Secondo la narrazione francese, Macron fa tornare l’Europa al tavolo negoziale. Ma, tra diplomatici e osservatori, prevale un’altra lettura. L’iniziativa di Macron è vista con sospetto da una parte consistente dell’Ue, che non ha apprezzato le dichiarazioni sulla “morte cerebrale” della Nato o “un nuovo ordine di sicurezza e stabilità in Europa”.

 

Il timore è che il capo dell’Eliseo faccia concessioni alle loro spalle, usando anche il ruolo di presidente di turno dell’Ue. “Macron è l’Europe c’est moi”, spiega al Foglio un diplomatico di un paese dell’est: “Quando parla di interesse dell’Europa, in realtà parla della Francia”. Gli interlocutori speravano di  legargli le mani. Ma, al suo arrivo a Mosca, Macron ha detto che una “finlandizzazione” dell’Ucraina (la neutralità tra Nato e Russia) “fa parte dei modelli sul tavolo”. Davanti a Putin ha espresso la volontà di “costruire una risposta utile per la Russia, utile per tutta la nostra Europa”.

Il resoconto del colloquio con Macron che ha fatto il premier della Lettonia mostra il clima di sfiducia. “Ho sottolineato l’importanza di mantenere l’unità tra alleati, di continuare il forte sostegno all’Ucraina così come di rafforzare la presenza della Nato negli stati Baltici”, ha detto Krišjanis Karinš. Il presidente lituano, Gitanas Nauseda, ha ricordato che “è fondamentale che la Nato mostri unità e determinazione ad agire. Ho fatto appello alla solidarietà transatlantica con l’Ucraina”. La premier estone, Kaja Kallas, ha usato toni appena più positivi, sottolineando l’impegno “per la diplomazia e una deterrenza più forte”. Ad alimentare i sospetti hanno contribuito un’intervista di Macron prima di imbarcarsi per Mosca e i briefing ai giornalisti delle fonti dell’Eliseo. Al Journal du Dimanche il presidente francese ha detto che “è legittimo per la Russia sollevare la questione delle sue preoccupazioni di sicurezza”. Sui giornali internazionali è stata fatta trapelare l’idea che, per spingere il presidente russo verso la de-escalation, Macron possa accettare l’interpretazione di Putin degli accordi di Minsk, compreso il potere di veto delle province separatiste del Donbass sulle scelte dell’Ucraina sul suo futuro nella Nato o nell’Ue. “Mosca vuole usare l’accordo di Minsk del 2015 per minare la sovranità dell’Ucraina e avere un controllo decisivo sulla politica ucraina (interna e internazionale) usando il Donbass”, spiega Ulrich Speck del German Marshall Fund.

 

Le precedenti mediazioni della Francia con la Russia non hanno lasciato un buon ricordo. Durante la guerra in Georgia del 2008, Nicolas Sarkozy riuscì a bloccare i carri armati russi alle porte di Tblisi, ma il prezzo furono l’Abkazia e l’Ossezia del sud sotto il controllo di Mosca. Otto anni dopo fu François Hollande (con Angela Merkel) a proporre l’accordo di Minsk II in concorrenza ai piani degli Stati Uniti, definendolo “l’ultima chance” per porre fine al conflitto. Questa volta è Macron che potrebbe dare a Putin ciò che vuole.

Di più su questi argomenti: