Verso il voto tedesco
Cosa c'è nel piano economico di Laschet e l'impatto sul rigore nell'Ue
Il leader della Cdu ha presentato un programma che spazia dal sostegno alla famiglia alla difesa del ceto medio, fino alle iniziative per fisco, cambiamento climatico, lotta alle disuguaglianze agli incentivi e acquisto della casa per i giovani
Se la Cdu-Csu di Armin Laschet dovesse vincere le elezioni tedesche di domenica prossima, smentendo tutti i sondaggi che danno per favorita la Spd (ma i sondaggi si sa non sono infallibili), l’uomo su cui accendere i riflettori sarà il super conservatore Friedrich Merz. In gennaio Merz ha perso non di molto la gara per la successione di Angela Merkel alla presidenza del partito democristiano che ha finito per andare al rivale Laschet. Tuttavia questo brillante ex banchiere (non amato da Merkel) ha un significativo seguito nel partito dove ne presidia il fianco destro. E Laschet che della Cdu-Csu è il candidato alla cancelleria lo ha presentato di recente come suo numero due nella squadra di governo indicandolo come l’uomo delle questioni finanziarie, del debito e del deficit, in pratica designandolo in caso di vittoria ad occupare la cruciale casella di ministro delle Finanze. Il coinvolgimento di Merz risponde certamente, in una ottica prelettorale, al desiderio di coprirsi a destra di Laschet. Ma segnala anche che nella Cdu c’è un problema aperto rispetto alla ortodossia economica che ha dominato il partito (e l’Europa) per decenni.
Nei giorni scorsi il leader della Cdu ha presentato un programma di quattro pagine in sei punti che spazia dal sostegno alla famiglia alla difesa del ceto medio, dalle iniziative per il contrasto al cambiamento climatico al fisco, dalla lotta alle disuguaglianze agli incentivi all’acquisto della casa per i giovani. Sui temi europei si chiede il voto a maggioranza su certi dossier di politica estera. Il programma non menziona invece le regole fiscali europee, ma in una intervista al Financial Times Laschet aveva in precedenza difeso sia la regola interna dello schwarze null, ovvero del bilancio in pareggio, sia il Patto di stabilità europeo con i relativi tetti al debito e al deficit, di cui ha prospettato il ripristino una volta rientrata la pandemia nel 2023. Merz è andato oltre sposando la tesi della Bundesbank secondo la quale il Pepp, il programma di acquisto di titoli di stato dei paesi membri della Bce (quello che consente per esempio all’Italia di indebitarsi a basso costo) deve terminare al più presto. Si tratta come si capisce di questioni ad alto impatto sui partner europei e sull’assetto dell’Unione.
Lo scenario Merz non viene preso troppo in considerazione dagli osservatori politici anche tedeschi che lo considerano un’ipotesi estrema. Le dichiarazioni fatte in campagna elettorale in effetti vanno tarate per la quota di propaganda che le sottende. Per un Merz paladino dell’ortodossia rigorista, c’è il leader della Spd, Olaf Scholz, che propone un aumento di 100 miliardi del debito e quello dei Verdi, Annalena Baerbock, che alza la cifra a 500 miliardi. Inoltre vi è unanimità di consensi sul fatto che le elezioni, sia che vinca la Cdu-Csu sia l’Spd, porteranno a una coalizione a tre: Cdu-Csu Verdi e liberali in un caso, Spd, Verdi e liberali nell’altro. A meno di una schiacciante vittoria di Laschet la composizione del governo e il suo programma andranno condivisi in un negoziato che si annuncia lungo ed estenuante. E tuttavia la posizione ferma assunta sulla questione del Patto di stabilità non è pura propaganda. Un’opinione sempre più diffusa vuole che l’esperienza del Ngeu e del debito comune si trasformi da eccezione in regola. Prospettando il ritorno allo status quo ante con la fine della pandemia Laschet avvia una strategia di ingresso nel negoziato sul futuro dell’Europa e sulla revisione del Patto che entrerà nel vivo dopo le elezioni tedesche.
La maggior parte degli economisti, anche tra i tedeschi, pensa che il Patto così come è sia troppo macchinoso e di difficile applicazione e che abbia bisogno come minimo di un intervento tecnico di manutenzione. Altri ritengono che è il suo stesso impianto che andrebbe rivisto, intervenendo sulle regole di riduzione del debito e del deficit divenute insostenibili in una Unione in cui la maggior parte dei paesi, Germania a parte, ha un rapporto debito pil superiore al 100 per cento e nel caso dell’Italia pari al 160 per cento. Si tratta di vedere quale sarà il punto di equilibrio che si troverà con il negoziato e nel confronto tra paesi del nord e del sud Europa. Certamente Mario Draghi in questo negoziato potrà avere un ruolo di tutto rilievo. L’ambizione di Laschet, un passato di europarlamentare ed europeista, è di saper custodire l’eredità di Merkel che da Berlino ha guidato l’Europa oltre che la Germania. Sia Laschet sia Scholz si sono recati all’Eliseo per presentarsi ad Emmanuel Macron. L’asse franco-tedesco in ogni caso è confermato.
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