Paolo Gentiloni (foto LaPresse)

No euro, niente quattrini. Capito, Italia che frigna?

Giuliano Ferrara

L’Europa è stata chiacchiera, qui da noi, mentre si faceva per come possibile, e ora che è non una politica ma la sola politica possibile, deve diventare senza timidezze terriccio fertile sotto il quale seppellire tutti i vizi nazionali

Oh, finalmente qualcuno, Gentiloni, che comincia a dire le cose come dovrebbero stare: i fondi europei non sono una torta da spartire. 30 e lode con abbraccio accademico. In attesa che qualcun altro aggiunga: la solidarietà non è un’elemosina, né per chi sgancia né per chi riceve. La solidarietà europea con i prestiti a tasso zero e con il fondo perduto, e con il sostegno al lavoro e alla sanità e alla moneta e alle riforme necessarie, per un paese il cui debito pubblico è gigantesco, per un paese che abbatte come uccelli di passo tutti i politici di stato che parlano di produttività e agiscono in quel senso, per un paese che il lockdown lo aveva inventato prima del lockdown (Minuz: “I romani a stare fermi non li batte nessuno”), questa solidarietà è un atto politico di convergenza e integrazione delle economie continentali, un atto di fiducia e di attivo contrasto a divaricazioni e ineguaglianze che metterebbero a dura prova l’Unione, un gesto ampio e forte di politica estera in un mondo insidiato da asiatismi e autoritarismi che oltraggiano il meglio della nostra storia dopo la Seconda guerra mondiale (brava Merkel che rinuncia al G7, a un viaggio inutile nella terra elettorale del presidente-shooter!). 

 

 

Ora si aspetta qualcuno che si metta dalla parte degli italiani che lavorano, qualcuno che come accade con i governanti inglesi, dalla Thatcher a molti altri, ci ricordi che dobbiamo pedalare, prendere uno dei pochi aerei superstiti, emigrare se necessario e se bene accolti (come diceva De Gasperi), visto che vogliamo andare in giro in bicicletta, che la ricchezza privata è altissima, che i consumi sono di lusso per tantissima gente, che i padroni lamentano l’insufficienza dei sussidi alle imprese commerciali più sussidiate che ci siano, visto che non basta il vanto delle eccellenze e del made in Italy (che palle il made in Italy). Dovrebbe essere finito il compianto dell’amante, da Shakespeare, quando lei dice che è stata sedotta e abbandonata, che rugge di frenesia e d’amore deluso, ma è pronta al primo battito del cuore a innamorarsi ancora. Questa Italia che frigna, che invoca, che pretende, che ostenta, che minaccia, che graffia i frugali cosiddetti, e che ha un’ala di nazionalisti poco sobri sempre intenti a tendere la mano inguantata di un bel pugnale contro i paesi del nord, e sempre insoddisfatta delle concessioni finanziarie solidali, sempre male, sempre troppo poco, sempre troppo tardi.

 

Il solo vero motivo politico della svolta con mutualizzazione del debito non è il virus, è la cacciata del molesto del Papeete, uno che voleva consenso per fottere il paese e farlo regredire allo stato di narcolira-nation, e che per un’impennata di orgoglio vero, sano, autentico, è stato estromesso, per paradosso e scherzo con il suo decisivo contributo, nei suoi pieni poteri, da ogni vero potere. Bisognerà ben dirglielo a quelli dell’alta Italia, come si diceva una volta, che se avessimo in carica il personale politico di cui si fidano, dopo aver abbandonato il Cav., starebbero con le pezze al culo. Il caro Bonomi ci rifletta, la finisca di fare la faccia feroce, si impegni con il carrozzone della Confindustria a aggregare il carro nazionale al potere dei franco-tedeschi, dei riformisti seri di Parigi e Berlino, senza il quale potere staremmo a leccarci le ferite marce del pil, la recessione e una travolgente crisi finanziaria da debito. L’Europa è stata chiacchiera, qui da noi, mentre si faceva per come possibile, e ora che è non una politica ma la sola politica possibile, deve diventare senza timidezze terriccio fertile sotto il quale seppellire tutti i vizi nazionali che l’euro non è arrivato a curare: altrimenti, lo slogan degli accattoni che si dicono sovranisti va rovesciato. “No euro”, “basta euro”, sì, nel senso apprezzabilmente negativo del concetto: niente quattrini.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.