(foto LaPresse)

Nel Regno Unito non ci sono polemiche sull'app, anche se non funziona

Eugenio Cau

Il governo britannico eccelle in comunicazione sul virus, ma barcolla alla prova dei fatti

Milano. Da qualche giorno lo slogan ufficiale per le politiche sul coronavirus del governo britannico è cambiato. Se prima era “Stay Home, Save Lives”, ed era l’inno del lockdown, di recente tutta la comunicazione è passata a “Stay Safe, Save Lives”, inno di una società che prova a riaprire gradualmente e che ha capito che dopo i disastri dell’immunità di gregge la qualità migliore è la circospezione. E dunque “Stay safe”, prestate attenzione, ché la riapertura è un processo lungo e senza sconti, e la danza funziona soltanto se riusciamo a eseguire tutti assieme la coreografia. Il governo britannico si è impegnato moltissimo a spiegare ai suoi cittadini i prossimi passi, e per esempio è riuscito a evitare le polemiche che in Italia ancora imperversano attorno all’introduzione di una app per il tracciamento dei contagiati. I giornali inglesi sono compatti nel consigliarla ai cittadini e la fiducia nell’operato del Nhsx, la branca tecnologica del servizio sanitario nazionale guidata dall’ambizioso Matthew Gould, è alta. Il governo è riuscito nell’impresa grazie a una comunicazione trasparente ed efficace, che spiega l’importanza del contact tracing, difende la legittimità delle scelte fatte, tranquillizza i cittadini su sicurezza e privacy. E’ un peccato che tanto impegno sia stato messo nella comunicazione di una app tecnicamente terribile. Il confronto con l’Italia è quasi paradossale: da noi il governo ha scelto una app che è stata tra le prime ad adottare gli standard internazionali dettati da Apple e Google, anticipando perfino la Germania, che ha cambiato in corsa il suo progetto. Ma poiché le decisioni vengono prese in maniera opaca, la trasparenza non si sa cosa sia e l’inettitudine la fa da padrone un progetto tecnicamente buono è travolto dalle polemiche politiche. I britannici, invece, riescono a difendere con efficacia anche un progetto nato storto, che probabilmente dovrà essere modificato strutturalmente con gran dispendio di denari pubblici.

 

Questa settimana il governo ha cominciato a testare la app sull’isola di Wight, ma secondo il Financial Times il Nhsx ha anche stipulato un nuovo contratto da 3,8 milioni di sterline con la società di sviluppo svizzera Zuhlke Engineering per creare un sistema che integri la app esistente ai protocolli di tracciamento di Apple e Google. Insomma, il governo britannico ha appena cominciato i test ma già spende milioni per ripensare la sua app. La ragione è semplice: come stanno dimostrando i test e come dicono le analisi degli esperti, la app britannica è piena di problemi: è insicura, non protegge adeguatamente la privacy dei cittadini e soprattutto non funziona. Il problema è noto, su iPhone, senza un intervento diretto di Apple, le app non attive non possono inviare e ricevere segnali bluetooth, che sono necessari per registrare i contatti tra un cittadino e l’altro. Il governo britannico ha insistito per settimane nel non voler usare i sistemi di tracciamento di A&G per poter accumulare più dati da analizzare sull’epidemia (si chiama modello centralizzato, e le due aziende lo rifiutano perché non rispetta la privacy a sufficienza), ma senza A&G l’app non può funzionare a dovere. E’ lo stesso problema in cui si trova il governo francese, che ancora non ha cominciato i test ma che evidentemente non è molto convinto di se stesso se il ministro per il Digitale Cédric O si è trovato a minacciare Apple per non aver aiutato la Francia con la sua app centralizzata. Londra e Parigi sono le uniche due capitali europee a insistere sulla centralizzazione.

 

La performance del governo britannico non è ideale nemmeno con i test. Venerdì il ministro della salute Matt Hancock ha annunciato giubilante che il paese è arrivato a fare 100 mila tamponi al giorno, e presto arriverà a 200 mila, ma il Guardian ha rivelato che la soglia dei 100 mila è stata superata soltanto due volte, e il dato è presto ricaduto a circa 70 mila tamponi. In Italia si fanno tra i 40 e i 70 mila tamponi al giorno, a seconda del giorno della settimana.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.