(foto LaPresse)

L'eccezione tedesca

Daniel Mosseri

Come mai i morti per il virus in Germania sono pochissimi? Qualche ipotesi, e una questione di efficienza

Berlino. E’ vero che i tedeschi muoiono di meno di coronavirus degli italiani? Sì, no, non si sa. Un confronto diretto fra i due paesi attraverso il prisma del Covid-19 non è semplice anche perché il morbo di Wuhan è esploso in Italia prima che in Germania. Il paese guidato da Angela Merkel non si chiama, poi, Repubblica federale a caso. Gli alleati la vollero così: spezzettata in una serie di centri decisionali. Per avere dati certi sull’epidemia bisogna allora fare affidamento alle organizzazioni di categoria, trasversali all’ordinamento “arlecchino” del sistema sanitario tedesco. Per giorni si è detto che in Germania i medici non registravano “per coronavirus” i decessi dei pazienti affetti dal Covid-19, segnalando invece le affezioni preesistenti al ricovero ospedaliero. Così non è, o almeno non è più. Lo ha confermato al Foglio un portavoce dell’associazione degli ospedali tedeschi, Dkg. “Il decesso di un paziente con il coronavirus viene registrato come decesso per coronavirus”. Parole che rievocano quelle di Lothar Wieler, presidente dell’Istituto Robert Koch (Rki).

  

Eppure i numeri parlano chiaro: secondo l’osservatorio dell’Università John Hopkins, alle 13:40 del 24 marzo i malati di coronavirus in Italia erano 63.927 e i morti 6.077 (quasi il 10 per cento); in Germania a fronte di 30.150 infezioni accertate, i decessi sarebbero 130, ossia lo 0,43 per cento. Una discrepanza notevole che ha scatenato mille ipotesi. Fra le quali spicca quella dei presunti benefici del vaccino contro le pneumococco, offerto gratuitamente a tutti i tedeschi over 60. “E’ presto per sapere se sta aiutando: dati statisticamente rilevanti saranno disponibile non prima di 18 mesi”, osserva Jörg Raible, medico di famiglia berlinese. “Di certo il coronavirus rappresenta anche una via di accesso alle infezioni polmonari extra-ospedaliere di origine batterica che questo vaccino (di recente inoculato anche alla cancelliera, ndr) ha la capacità di fermare”. In Germania, per alcuni, la più bassa mortalità da Covid è da attribuire a un sistema sanitario migliore. Curiosamente, in un rapporto del 2017 l’Ocse sostiene che quello italiano è più efficiente: “In Italia la mortalità evitabile rimane tra le più basse dell’Ue il che fa supporre una buona efficacia del sistema sanitario nel trattamento dei pazienti con malattie potenzialmente letali”. Un sistema “più efficiente” cura dunque lo stesso numero di pazienti con meno posti letto.

  

Al Foglio, invece, il portavoce della Dkg ha chiarito che se a inizio marzo i posti letto per la terapia intensiva in Germania erano 28 mila, dopo l’allarme coronavirus “sono aumentati del 50 per cento” (in Italia sono passati da 5.300 a 8.370). E la disponibilità dei respiratori è passata “da circa 20 mila a circa 30 mila nello stesso periodo”.

 

Vi è poi la questione tamponi, che in Germania si chiamano Corona-test. Partita in ritardo rispetto all’Italia, la Repubblica federale è in recupero. “Nella decima settimana dell’anno (iniziata il 2 marzo, ndr) nel paese sono stati effettuati 35.000 Corona-test”, spiega al Foglio la portavoce della Kbv, l’associazione dei medici delle assicurazioni sanitarie. “Nell’undicesima erano 100 mila e nella dodicesima sono saliti a 400 mila”. Oggi in Germania non c’è un numero unico per l’emergenza Covid e farsi testare non è semplice. Tant’è che l’associazione dei laboratori di analisi (attivati su tre turni giornalieri) ha intanto invitato i medici “a determinare con chiarezza chi debba essere testato”.

 

I 400 mila Corona-test non comprendono quelli condotti negli ospedali, ma il portavoce della Dgb è irremovibile: “Stiamo ancora cercando di capire quanti test ospedalieri siano stati effettuati finora e una stima in questo momento non avrebbe senso”.

   

A sfavore dell’Italia gioca anche l’età media dei suoi ammalati di coronavirus (oltre 62 anni) contro i 45 anni dei contagiati in Germania. Eppure la pandemia non risparmierà i tedeschi: secondo l’Istituto Robert Koch il numero dei contagiati può solo salire e l’epidemia durerà fino a due anni. Ma se le limitazioni agli spostamenti e la regola della distanza sociale imposta solo di recente (non senza qualche discrepanza di metodo fra i Länder) cominceranno a fare effetto, la Repubblica federale potrà affrontare la sua emergenza con più posti letto e meno angoscia.

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