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Il Capodanno della Brexit

Gregorio Sorgi

Una serata tra i brexiteer che festeggiano l'uscita dall'Unione europea. Cori, bandiere al vento, brindisi e una star indiscussa: Nigel Farage

Londra. Il raduno dei brexiteer davanti al Parlamento per celebrare l’uscita dall’Unione europea assomiglia più a una festa popolare che a un evento politico. Decine di ragazzi sono seduti sugli scalini accanto alla stazione della metro di Westminster con una lattina di birra in mano per aggirare il divieto di portare alcol in piazza. “Il Big Ben sarebbe stato la ciliegina sulla torta”, dice un passante riferendosi alla battaglia persa da un deputato conservatore per fare scoccare alle undici di sera, la mezzanotte europea, il famoso orologio sotto restauro. Ma tra i sostenitori della Brexit c’è un clima disteso, oggi per loro è una giornata di festa. Alcuni intonano dei cori di sfottò contro i remainer, altri si scattano i selfie con le bandiere britanniche e le spille del Brexit Party. I colori dello Union Jack sono dappertutto: sui cappellini, sugli zainetti, sulle cover del telefono e sui pennacchi bianchi che circondano la piazza. 

 

  

Alcuni ragazzi offrono una lattina di birra al poliziotto in divisa, e quando l’agente rifiuta lo accusano di essere un infiltrato del Remain. I militanti brexiteer hanno un’ossessione con i rivali sconfitti e vedono nemici dappertutto. Anche i discorsi dei paladini del Leave contengono una buona dose di vittimismo. “Ringrazio i pochi accademici che hanno avuto il coraggio di andare controcorrente e sostenere l’uscita dall’Ue”, grida dal palco Tim Martin, proprietario della catena di pub Wetherspoons e ultras della Brexit. Il comico Dominic Frisby indossa un gilet giallo e un cappello a cilindro e canta una filastrocca contro “l’establishment del Remain” (include personaggi di ogni genere, da Hugh Grant a Emmanuel Macron). Tra un discorso e l’altro suona la Brexit Band - vestita con i colori dello Union Jack - che alterna inni patriottici a canzoni pop. Si inizia con il coro “Rule Britannia”, il sacro testo dei raduni euroscettici, e si finisce con i classici dei Queen e dei Duran Duran. “Era da mesi che non mi divertivo così tanto”, esclama una signora anziana che balla al ritmo. In assenza di grandi oratori, il karaoke è il momento più eccitante della serata. 

 

Il countdown proiettato sul palazzo al numero 10 di Downing Street, residenza del primo ministro inglese (foto LaPresse)

 

Il popolo del Leave è più variegato di quanto si possa immaginare. Alcuni ragazzi di origine indiana e pachistana cantano a squarciagola e sventolano la bandiera britannica - “questa è la Global Britain!”, esclama un passante - e accanto a loro gruppi di turisti asiatici si guardano attorno spaesati. Ma tra la folla si intravedono anche tanti simboli della vecchia Inghilterra: giacche di tweed, berretti verdi, cravatte a tinte bianche, rosse e blu. Un signore anziano indossa un abito da cerimonia da cui pendono decine di medaglie al valore. “Ho lasciato a casa quelle di mio padre che ha combattuto la prima e seconda guerra mondiale - racconta -. Credo che la Brexit sia stato il modo migliore per onorare la sua memoria. Uscire dall’Ue è una liberazione, finalmente torniamo a essere padroni del nostro destino. Il Parlamento ha fatto di tutto per capovolgere la decisione del popolo, ma è stato sconfitto”. 

 

  

Paradossalmente lo spirito conservatore dei brexiteer ha alimentato una ribellione verso le più sacre istituzioni britanniche. Secondo la vulgata euroscettica il Parlamento è un covo di remainer che rema contro il popolo. Infatti tra gli oratori c’è solo un deputato, Peter Bone dei Tory. La Bbc ha una reputazione anche peggiore. A un certo punto vengono trasmessi alcuni vecchi filmati della tv di stato ma i fischi sono talmente rumorosi da coprire l’audio. Eppure quei video di repertorio rivelano il pantheon del popolo del Leave. Il ricordo di Margaret Thatcher rianima la folla euroscettica che inizia a gridare a squarciagola. Quando viene trasmesso il discorso in cui l’Iron Lady demolisce i tre pilastri del progetto europeo di Jacques Delors (il famoso “No, No, No”) i manifestanti perdono la testa. Per i premier conservatori dell’epoca moderna (Major, Cameron e May) solo una pioggia di fischi. 

 

 

La serata è una lunga, inesorabile attesa: per la Brexit, certo, ma sopratutto per Nigel Farage. Per molti militanti le due parole sono la stessa cosa. “Senza Nigel oggi noi non saremmo qui. Questo è la sua giornata”, ripetono dal palco. Farage viene evocato tutta la notte come fosse una figura mitologica. Quando sale sul palco - accompagnato dalle note di “The Final Countdown” del gruppo musicale Europe - mancano circa dieci minuti alla Brexit. “Noi britannici dobbiamo essere un modello per gli altri popoli europei - dice l’ex leader dello Ukip -. Dobbiamo aiutare i nostri amici che si battono per uscire dall’Ue”. Quando finalmente si fanno le undici la piazza si lascia andare a un grido liberatorio. “Ce l’abbiamo fatta!”. Ma nessuno vuole andare via: c’è chi resta per brindare, chi per proseguire il karaoke e scattare l’ennesimo selfie. Per i brexiteer la festa è appena iniziata. 

 

In piazza con i brexiteer anche un cane vestito con la bandiera britannica (foto LaPresse)

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