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Gli strike americani contro le milizie in Iraq

Daniele Raineri

L'aviazione americana bombarda cinque basi di una milizia irachena. È una notizia che potrebbe avere conseguenze importanti

L’aviazione americana ha bombardato cinque basi di una milizia irachena, tre in Iraq e due in Siria, come rappresaglia per i razzi lanciati contro una base vicino a Kirkuk (nel nord dell’Iraq) che un giorno fa hanno ucciso un contractor americano (faceva l’istruttore della polizia). La milizia colpita è Kataib Hezbollah, braccio armato degli interessi iraniani in Iraq – che a volte si muove anche in Siria. Per conto delle Guardie della rivoluzione iraniane, gli uomini di Kataib Hezbollah si occupano di lavori sporchi come il rapimento e l’uccisione dei manifestanti che a Baghdad protestano contro la corruzione del governo iracheno. Il sei dicembre, una colonna di miliziani è arrivata in un garage di Baghdad occupato dai manifestanti, ne ha uccisi a sangue freddo almeno venticinque e ne ha sequestrati a decine. Inoltre la milizia si occupa anche delle azioni di disturbo contro gli americani, per esempio i lanci di razzi contro le basi – che oggi sono un fatto raro ma qualche anno fa erano un evento quotidiano. Tra i bersagli di questi lanci c’è la Zona verde di Baghdad, che ospita anche un contingente di militari italiani. 

 

L’esistenza delle milizie consente all’Iran di negare le sue operazioni ostili in medio oriente: dopo l’attacco con missili alle raffinerie saudite furono le milizie Houthi a prendersi la responsabilità e questo è soltanto un esempio. La notizia di questi bombardamenti americani potrebbe avere conseguenze importanti. L’Amministrazione Trump ha ordinato la rappresaglia per mandare un segnale alla milizia, il costo che pagherete per colpirci è molto alto. Ma questa deterrenza non è sufficiente a proteggere gli americani dalla reazione politica, il governo iracheno potrebbe espellere i soldati stranieri che si occupano di fare la guerra allo Stato islamico (che c’è ancora, come testimonia il recente attacco contro gli incursori italiani vicino a Kirkuk). Se l’Iraq espelle i soldati americani o se le milizie rispondono alla rappresaglia americana con altri attacchi, la campagna contro i fanatici dello Stato islamico ancora una volta s’interromperà prima della conclusione. Come in Siria l’offensiva turca nel nord ha interrotto di fatto le operazioni delle milizie curde contro l’infestazione residua degli islamisti, così in Iraq c’è il rischio che la tensione fra Iran (che comanda le milizie) e l’America conceda spazio e opportunità ai terroristi.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)