Le forze speciali tedesche intervengono dopo le sparatorie a Halle e Landsberg, in Sassonia (foto LaPresse)

Essere sotto attacco in Germania

Giulio Meotti

Assalto con due morti a una sinagoga di Halle nel giorno di Yom Kippur. “La radice di tutti i problemi sono gli ebrei”, dice l’attentatore. L’ombra neonazista nella ex Ddr, la Germania rossa che ha fatto un trapianto di cuore, nero

Roma. “La radice di tutti i problemi sono gli ebrei”, dice l’attentatore di Halle, che si fa chiamare “Anon”, guardando nella videocamera Gopro, prima di dirigersi verso la sinagoga in Humboldt Strasse per fare una strage. L’attentato, in stile Christchurch, arriva in una settimana di attacchi quasi quotidiani in Germania. Tre giorni fa, le guardie a protezione di una sinagoga nel distretto berlinese di Mitte hanno arrestato un uomo che, urlando “Allahu Akbar”, stava cercando di entrare armato di coltello. Il giorno dopo, a Limburg, lo stesso grido da un camion lanciato contro le auto. A Massing, in Baviera, un uomo ha preso a sassate una donna israeliana, dopo averla sentita parlare in ebraico, chiamandola in modo sprezzante “ebrea”.

 

 

Mercoledì, la comunità ebraica tedesca è stata scossa come mai prima per Yom Kippur, la più solenne festività ebraica, quando le sinagoghe sono piene per il digiuno e il pentimento. Almeno due morti, un uomo e una donna, fuori dalla maggiore sinagoga di Sassonia, a Halle. Secondo informazioni della Faz, nessun membro della comunità ebraica sarebbe rimasto ucciso (le vittime sarebbero passanti). L’attentatore, in tuta mimetica ed elmetto, ha tentato di sfondare le porte della sinagoga, come era già successo a Pittsburgh. Sarebbe stato un massacro. Max Privorotzki, a capo della comunità ebraica di Halle, ha raccontato infatti allo Spiegel: “C’era un centinaio di persone in sinagoga e le misure di sicurezza hanno retto. Abbiamo visto nella telecamera un criminale pesantemente armato con un elmetto e un fucile che ha tentato di aprire le porte. Ha lanciato molotov, petardi e granate per entrare. La porta è rimasta chiusa, Dio ci ha protetti. Il tutto è durato dai cinque ai dieci minuti. Ci siamo barricati e abbiamo aspettato la polizia”. “Chiediamo alle persone di rimanere al sicuro nelle loro case”, continuava a ripetere un portavoce della polizia. Ore di panico e caos. In molte città, come Lipsia, Dresda, Berlino e Francoforte sul Meno, la protezione della polizia alle sinagoghe è stata rafforzata. Nora Goldenbogen, presidente della comunità ebraica di Dresda, ha detto: “Questo atto terribile ci terrorizza profondamente”. Testimoni hanno riferito che l’attentatore ha lanciato poi una granata, che non è esplosa, e ha sparato con un fucile d’assalto contro un ristorante di kebab. Gli obiettivi – una sinagoga e un locale turco – hanno subito indicato la pista degli estremisti di destra. Secondo informazioni del Tagesspiegel, ambienti della sicurezza sospettano i neonazisti attivi da tempo a Halle. Il ministro dell’Interno, Horst Seehofer, ha affermato che la polizia ha scoperto 1.091 armi durante raid negli ambienti legati all’estrema destra in tutto il paese.

 

 

L’ex Germania dell’est, la rossa che ha fatto un trapianto di cuore nero, dove si è consumato l’attentato, da anni ribolle di nazionalismo e furie identitarie: Alternative für Deutschland (AfD) è il primo partito nei länder dell’ex Germania est; Pegida, il movimento contro l’islamizzazione, viene da Dresda, mentre Chemnitz, altra città dell’est, è stata l’epicentro di drammatiche manifestazioni contro l’immigrazione. Dopo la Francia (Tolosa, Parigi), la Danimarca (Copenaghen) e il Belgio (Bruxelles), questo è il primo attentato mortale in Germania contro la comunità ebraica, dopo almeno cinque anni di recrudescenza antisemita quotidiana fatta di rabbini, studenti, turisti e passanti aggrediti per strada, perché indossavano simboli ebraici o parlavano ivrit. La scorsa primavera, Felix Klein, delegato del governo per la lotta all’antisemitismo, ha scioccato la Germania con queste parole: “Gli ebrei farebbero bene a non indossare la kippah”. Pochi giorni dopo il presidente Frank-Walter Steinmeier ha dichiarato al Collegio degli studi ebraici di Heidelberg che il paese doveva fare di più per far sentire al sicuro la comunità ebraica. Su Twitter, il giornalista Richard C. Schneider mercoledì si chiedeva, come i 200.000 ebrei tedeschi: “La domanda cruciale per Yom Kippur oggi è: gli ebrei possono ancora vivere in Germania?”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.