Papa Francesco davanti al Muro del pianto durante la sua visita in Terra Santa, nel 2014 (foto LaPresse)

Ebrei e non ebrei

Antonio Gurrado

Il paradosso dei rapporti fra l’occidente cristiano e il suo originario nocciolo ebraico. Un manuale

Il Martin Lutero che nel 1543 esortava a dar fuoco alle sinagoghe nell’allocuzione “Degli ebrei e delle loro menzogne” era lo stesso che, vent’anni prima, diceva che qualsiasi buon cristiano avrebbe voluto diventare ebreo. In questa duplice radice sta il paradosso dei rapporti fra i due grandi monoteismi lungo secoli e secoli della storia dell’occidente. I cristiani hanno vissuto l’attrito fra, da un lato, ostilità dottrinale anche estrema e, dall’altro, il riconoscimento del dato di fatto che l’ebraismo fosse la religione praticata da Gesù stesso. Gli ebrei invece, come spiega lo storico Franz Rothschild, nell’occidente secolare hanno dovuto scendere a patti con “una società improntata a leggi e princìpi derivati dalla dottrina cristiana”; al contempo però sono stati chiamati a fungere da modello adamantino per cristiani che sentivano di star perdendo terreno rispetto al secolarismo. Già negli anni Novanta il rabbino di Stoccarda Joel Berger lamentava di essere stato invitato a parlare dello Shabbat davanti a un pubblico cristiano al solo scopo di risultare “un catalizzatore utilizzato affinché i cristiani recuperassero il significato della domenica cristiana, che avevano perso”. Berger era scettico al riguardo: “Abbiamo bisogno dell’altro”, spiegò, “ma non possiamo garantire alle chiese quello che esse non sono in grado di garantire a sé stesse”.

 

Alla luce di questo contesto è significativo che l’editrice Claudiana pubblichi la versione italiana di “Ebraismo. Guida per non ebrei”, pubblicazione che apparve per la prima volta nel 1974 sotto forma di volantino informativo per le comunità protestanti tedesche e che da allora è stata periodicamente ampliata e aggiornata fino a prendere forma di un compiuto manuale, che copre ogni aspetto dell’ebraismo con chiarezza e sintesi. Di là dallo scopo divulgativo, questo testo (cui Daniele Garrone ha aggiunto specifici inserti rivolti al pubblico italiano) è utile a essere letto fra le righe per indagare il paradosso dei rapporti fra l’occidente cristiano e il suo originario nocciolo ebraico – specie oggi che in Germania ascende l’ultradestra e l’antisemitismo torna a essere un effetto collaterale da non sottovalutare di un sovranismo che si autoproclama difensore dell’identità religiosa.

 

Al Lutero antisemita si rifecero i pamphlet contro gli ebrei del clero tedesco sotto il nazismo: nel 1938 il vescovo della Turingia Martin Sasse esultava perché la notte dei cristalli trasformava l’esortazione al rogo delle sinagoghe in profezia. Ciò ha causato un filone di pentimento cristiano che, a partire dal secondo dopoguerra, ha cercato di indagare motivazioni e possibili rimedi: nel 1948 il sinodo regionale protestante in Sassonia ammette che “la frattura della comunione ecclesiale con gli ebrei ha portato a un rinnegamento dell’essenza stessa della chiesa”; a partire dal 1961 il Kirchentag, il grande raduno biennale del protestantesimo tedesco, questiona espressamente la tradizionale inimicizia dottrinale nei confronti degli ebrei; nel 1975 la Chiesa evangelica tedesca pubblica il primo studio sul rapporto fra cristiani ed ebrei fino a che nel 1980 addiviene a una piena ammissione di colpa con la conferma dottrinale della “permanente elezione di Israele”. Quest’ultimo aspetto è tutt’altro che secondario, stante la tradizione iconografica che lungo tutta l’età moderna aveva diffuso fra gli strati più bassi della popolazione l’immagine di Cristo che toglieva la corona dal cranio di una donna che incarnava la Sinagoga. Nel 1984, addirittura, la Federazione luterana mondiale prende le distanze dalle parole deliranti di Lutero.

 

Il senso di colpa, prima o poi, scolorisce e le aspirazioni che detta, per quanto nobili, rischiano di venire sepolte dalla polvere: per questo conviene un rinnovamento dei rapporti fra i monoteismi ispirato alla provocazione del giovane Lutero, secondo il quale un buon cristiano dovrebbe farsi ebreo. La guida Claudiana, che ovviamente non intende convertire ma far conoscere e ragionare, punta molto su quest’aspetto positivo, a partire dall’elenco dei punti che possono far superare la tradizionale e un po’ stucchevole contrapposizione fra il Dio dell’Antico e del Nuovo Testamento, contraddetta dalla consonanza fra passi veterotestamentari ed evangelici. E’ il fondamento della dichiarazione “Dabru Emet”, ovvero “Dite la verità”, stesa nel 2000 da rabbini e studiosi dell’ebraismo statunitensi e accolta in Europa. Partendo dal presupposto che ebrei e cristiani invocano lo stesso Dio e seguono i princìpi morali della Torah, la “Dabru Emet” si pone su un doppio piano. Dal versante celeste, ammette che le differenze fra cristiani ed ebrei non saranno superate se non quando Dio avrà redento il mondo intero, e allora appariranno infinitesimali. Dal versante terreno, indica a ebrei e cristiani il compito comune di perseguire la giustizia e la pace specificando che il nazismo (e la pratica antisemita in generale) non è stato un fenomeno cristiano. Ciò dimostra che i rigurgiti bestiali dello pseudo-cristianesimo di stampo sovranista non stanno né in cielo né in terra.

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