Saltare dal carro del vincitore in Libia
Mentre si discute se annullare gli accordi con Tripoli, Tripoli vince
Proprio mentre in Italia alcuni deputati dell’opposizione chiedono di annullare gli accordi con il governo di Tripoli, le forze del governo di Tripoli hanno vinto una battaglia decisiva nella guerra civile contro il generale Haftar e si sono riprese un luogo strategico che si chiama Gharyan.
Piazzata una settantina di chilometri a sud della capitale sui monti Nafusa, la città di Gharyan è la chiave per conquistare Tripoli. Le forze di Haftar ci si erano insediate all’inizio di aprile e da lì erano calate verso la città – proprio come avevano fatto i ribelli nel 2011 quando strapparono la capitale al colonnello Gheddafi. Insomma, la grande offensiva di Haftar è tornata al punto di partenza e gli unici risultati che ha ottenuto sono la morte di settecento persone, la morte dei negoziati di pace e il ritorno dello Stato islamico nel sud del paese – che approfitta del fatto che al nord si combatte una guerra e ha ripreso a fare scorrerie. Adesso Haftar dovrà badare a non farsi prendere in contropiede dalle milizie che sono desiderose di vendetta e vorrebbero portare la guerra fino nella sua Cirenaica.
Per i regni del Golfo che appoggiano Haftar – l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti – è uno Yemen reloaded: si sono buttati di nuovo in una guerra che non riescono a vincere. Per Erdogan, che appoggia il governo di Fayez al Serraj, è una consolazione: perde Istanbul, ma mantiene Tripoli. Con qualche abboccamento in Tunisia, terreno neutrale, i francesi hanno riaperto il dialogo con il governo di accordo nazionale, dopo che erano stati accusati di appoggiare l’attacco di Haftar, e sono di nuovo accettati nella capitale libica. E noi? Paralizzati dall’incertezza abbiamo scelto di essere equidistanti – quindi di dialogare molto con Haftar e di tenere le distanze con il nostro alleato Serraj. In pratica, visto quello che succede sul campo, stiamo riuscendo nel capolavoro di saltare giù dal carro del vincitore.
Isteria migratoria