Jean-Claude Juncker e Michel Barnier (foto LaPresse)

Nervosi per la Brexit

David Carretta

May e Juncker non chiariscono su proroghe e accordi, ma gli europei sono sempre più impazienti

Bruxelles. Theresa May e Jean-Claude Juncker mercoledì non hanno fatto chiarezza su come intendono porre fine alle incertezze della Brexit, dopo che il primo ministro britannico ha deciso di fare un ultimo tentativo per salvare il suo accordo mettendosi nelle mani di Jeremy Corbyn. A otto giorni dalla data di uscita del Regno Unito, a sei giorni da un vertice europeo straordinario che dovrebbe sancire definitivamente i destini della Brexit, mercoledì i Comuni si sono espressi per escludere il no deal, ma non è chiaro se e quando torneranno a votare su un accordo. E nemmeno se l’Unione europea sia pronta a concedere, e a quali condizioni, una proroga lunga nel caso in cui l’intesa tra May e Corbyn non andasse in porto. Il primo ministro mercoledì pomeriggio ha avuto un primo incontro di due ore faccia a faccia con il leader del Labour. I due dovrebbero rivedersi presto per negoziare una Brexit più soft, annacquata dalla permanenza del Regno Unito nell’Unione doganale, che però fa infuriare i brexiteer Tory e i remainer del People’s Vote. Due sottosegretari, Nigel Adams e Chris Heaton-Harris, si sono dimessi dal governo definendo come “grave errore” la giravolta di May. I leader dello Scottish National Party, dei lib-dems, del Gruppo degli Indipendenti e dei Verdi si sono lamentati perché un secondo referendum potrebbe non rientrare nel piano May-Corbyn. Nel frattempo, Juncker ha lanciato l’ennesimo ultimatum: con l’ultima mossa di May “disponiamo di qualche giorno in più”, ha detto il presidente della Commissione. “Se il Regno Unito è in grado di approvare l’accordo di ritiro con una maggioranza sostenibile da qui al 12 aprile, allora l’Ue dovrebbe accettare una proroga fino al 22 maggio. Ma il 12 aprile è la data ultima di approvazione possibile. Se la Camera dei Comuni non si è pronunciata prima di questa data, nessuna proroga supplementare di breve durata sarà possibile”, ha avvertito Juncker. Rispetto a due giorni fa non è cambiato nulla.

  

Secondo il presidente della Commissione, “un no deal il 12 aprile a mezzanotte è diventato uno scenario sempre più verosimile”. La priorità dell’Ue in questa fase è di evitare di farsi addossare le colpe del no deal, ributtando la palla a Londra ogni volta che May riesce a calciarla verso Bruxelles. Nel suo discorso martedì, la premier è rimasta molto ambigua su quel che intende fare davvero e sulla tempistica. Ai parlamentari britannici è già stato annunciato che non ci sarà alcun voto ai Comuni domani. Il quarto tentativo di far passare l’accordo Brexit a Westminster slitterebbe a lunedì. La carta di riserva è una terza serie di voti indicativi: il suo accordo; l’accordo Corbyn; la revoca; il no deal. Ma se i Comuni non approveranno nulla prima del Vertice Ue del 10 aprile? A parte ribadire che lei è contro la partecipazione alle elezioni europee, senza escludere definitivamente questa ipotesi, May non ha ancora annunciato la sua intenzione di chiedere una proroga lunga della Brexit.

 

Con il precipizio che si avvicina, il nervosismo degli europei inizia a fratturare l’unità dei 27. L’Irlanda, che ha il più grande interesse a evitare un’uscita senza accordo, si è detta pronta a sostenere una proroga breve anche dopo il 12 aprile. “E’ molto improbabile che vadano a sbattere fuori alla fine della prossima settimana con May che chiede una proroga associandola a un piano”, ha spiegato il ministro degli Esteri irlandese, Simon Coveney. La Germania, la cui industria è impaziente di mettere fine all’incertezza, sta adottando una linea sempre più dura. “Nell’attuale situazione di profondo stallo istituzionale, non c’è ragione per chiedere un’altra proroga breve della Brexit”, ha detto Norbert Röttgen, esponente della Cdu di Angela Merkel e presidente della commissione Esteri al Bundestag: “L’Ue deve insistere su una proroga lunga con la partecipazione alle elezioni europee”. Per il presidente francese, Emmanuel Macron, l’Ue non può diventare “l’ostaggio della risoluzione di una crisi politica nel Regno Unito”.

 

In molti a Bruxelles iniziano a pensare che una proroga lunga potrebbe rivelarsi controproducente. La campagna per le elezioni europee rischia di essere intossicata dalla Brexit e dall’impossibilità di uscire dall’Ue malgrado un voto democratico. All’Europarlamento potrebbero tornare Nigel Farage & Co. Oltre a nominare un commissario, il Regno Unito manterrebbe il diritto di veto sul bilancio 2021-2027 dell’Ue, sugli accordi commerciali e sulla politica estera. “Dopo il 12 aprile rischiamo di mettere in pericolo il buon svolgimento delle elezioni per il Parlamento europeo e di minacciare il buon funzionamento dell’Ue”, ha detto Juncker.