Il leader del Labour, Jeremy Corbyn (Foto LaPresse)

La collaborazione con la May è un'opportunità o una trappola? Il Labour non sa decidersi

Gregorio Sorgi

I colloqui tra il leader Corbyn e la premier continuano. I deputati europeisti temono che il compromesso tradisca la promessa (a denti stretti) sul secondo referendum

Roma. Una buona parte del Partito laburista teme che il proprio leader, Jeremy Corbyn, abbandoni la promessa di un secondo referendum sulla Brexit per siglare un compromesso col primo ministro, Theresa May. L'ala europeista del Labour non si è mai fidata completamente di Corbyn, per via della sue credenziali da euroscettico, e lo ha rivalutato solo quando ha dichiarato a malincuore il suo appoggio al secondo referendum. La trattativa, ancora in corso, tra Corbyn e May ha riaperto una vecchia divisione nel Labour tra chi vuole un secondo referendum a tutti i costi e chi invece vuole uscire dall'Unione europea il prima possibile. “Un accordo tra i due leader può distruggere entrambi i partiti”, spiega Thomas Cole, un dirigente del People's Vote, che teme un'intesa trasversale che non preveda il secondo referendum. I conservatori sono in conflitto perenne, e la trattativa con il leader dell’opposizione ha solamente peggiorato le cose. Due sottosegretari si sono dimessi mercoledì, e gli euroscettici più accaniti hanno accusato la May di avere consegnato la Brexit nelle mani di “un marxista che abbiamo criticato per gli ultimi quattro anni”.

 
Tuttavia, l'ipotesi di un grande compromesso ha spezzato l'armonia che si era creata nel Labour. L'opposizione era stata piuttosto compatta in Parlamento nei voti sulle alternative alla Brexit: c'erano state alcune defezioni sul secondo referendum, ma nulla in confronto alle ribellioni di massa tra i conservatori. La May ha messo i laburisti davanti a una scelta difficile: o vi sporcate le mani con la Brexit, e mi aiutate a trovare un accordo, oppure sarete complici del no deal. Corbyn ha subito raccolto l'invito: mercoledì ha avuto un incontro “costruttivo” di due ore con la premier a Downing Street, poi le trattative sono proseguite e, secondo alcune fonti, oggi si conoscerà il loro esito. I parlamentari laburisti sono tornati a dubitare del loro leader, e temono che sacrifichi la promessa di un secondo referendum per arrivare a un’intesa. Il segretario ombra della Brexit, Keir Starmer, ha assicurato che “l'idea del people's vote verrà discussa” e il segretario ombra degli Esteri, Emily Thornberry, si è spinta oltre: “Ogni accordo dovrà essere approvato dai cittadini”. La composizione della delegazione laburista all’incontro con la premier rispecchia questa divisione. Erano presenti Corbyn e la sua fedelissima Rebecca Long-Bailey, più inclini al compromesso, assieme a Starmer e il capogruppo Nick Brown, che tendono verso il secondo referendum.

 
Il problema è che la May non accetterà mai una seconda consultazione, un'ipotesi a cui è sempre stata contraria è che verrebbe percepita dai suoi colleghi di partito come una resa. Questo potrebbe fare naufragare l'accordo tra i due leader? “Penso di sì. Non ho mai creduto in un grande compromesso e continuo a pensare che non sia possibile, non vedo come potrebbe funzionare. Il gruppo parlamentare del Labour è contrario e non accetterà che il loro leader faccia un regalo ai conservatori”, spiega il politologo Philip Cowley, che ha scritto dei libri sulla storia delle divisioni tra i laburisti. Tuttavia, c'è un'altra corrente di pensiero che invece vede molte convergenze tra Corbyn e la May. Entrambi vogliono mettersi alle spalle la Brexit per voltare pagina e tornare a occuparsi di altro. Il loro dibattito in Parlamento mercoledì scorso è stato surreale: hanno parlato di politiche sociali, scuola, sanità, come se la Brexit non ci fosse mai stata. Poi, sono entrambi contrari al no deal: Corbyn ha paura dei contraccolpi sull'economia e sui posti di lavoro, la May teme che l'Irlanda del Nord possa rimanere allineata alle regole europee, disintegrando di fatto il Regno Unito.

 
Il leader laburista ha delineato le sue priorità sulla Brexit in una lettera inviata alla premier lo scorso 7 febbraio: ha chiesto l'unione doganale, la protezione dei diritti ambientali e dei lavoratori. Le richieste non sono così lontane dalle linee rosse della premier, che non si è mai espressa a favore dell'unione doganale per evitare una rivolta nel suo partito. Cole spiega che “l'abbandono della promessa del secondo referendum sarebbe un tradimento verso i militanti del partito, che hanno votato una mozione a favore del people's vote durante la conferenza laburista dello scorso settembre a Liverpool”. Questa tesi è stata ripresa dai quotidiani progressisti e europeisti, che hanno chiesto a Corbyn di non fare scherzi col secondo referendum. Giovedì l'Independent ha pubblicato una lettera firmata da 12 laburisti di tendenza corbiniana che hanno chiesto al loro leader di non tradire le sue promesse.

 

Tuttavia, fanno notare gli euroscettici del Labour, che 25 deputati eletti nelle costituency del Leave hanno inviato una lettera a Corbyn chiedendogli di abbandonare le velleità di un secondo referendum che rischia “di farci perdere molto tempo e di dividere l'opinione pubblica”. Finora Corbyn ha dovuto tenere insieme i liberal metropolitani e gli euroscettici di sinistra nel nord dell'Inghilterra, e ci è riuscito discretamente. Si è convertito al secondo referendum perchè non poteva fare altrimenti e, con grande cinismo, ha sempre fatto ciò che gli hanno consigliato i sondaggi. Se la May dovesse accettare le sue proposte, è difficile che faccia saltare il tavolo per difendere un secondo referendum in cui non crede fino in fondo.

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