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Bruxelles vuole imbrigliare Londra in caso di una proroga troppo lunga per la Brexit

David Carretta

Secondo un documento riservato dell’Ue, il Regno Unito dovrebbe rinunciare a gran parte dei suoi privilegi per ottenere un rinvio

Bruxelles. L’Unione europea si prepara a imporre condizioni molto dure a Theresa May per concedere una proroga lunga della Brexit ed evitare ai britannici il no deal. Oltre all’umiliazione di dover partecipare alle elezioni europee, il Regno Unito potrebbe ritrovarsi con una camicia di forza politica, privato di una parte importante dei suoi poteri nell’Ue. Nessuna possibilità di influenzare le nomine di inizio legislatura, un commissario senza portafoglio, niente diritto di veto in alcuni settori chiave: sono queste alcune delle misure a cui l’Ue sta pensando per contenere i danni di una permanenza prolungata. E, contrariamente a quanto pensano a Londra, il vertice Ue straordinario del 10 aprile potrebbe anche negare la proroga, precipitando la “hard Brexit”.

    

A Bruxelles pochi pensano che il dialogo tra il primo ministro, Theresa May, e il leader laburista, Jeremy Corbyn, possa portare dei frutti prima del vertice del 10 aprile. “Accogliamo positivamente il dialogo tra partiti nel Regno Unito”, ma “è tempo di decisioni”, ha detto il capo negoziatore Ue, Michel Barnier. “Tenendo conto del numero limitato di giorni che rimangono è logico pensare che stiamo correndo verso una Brexit dura”, ha avvertito il vicepresidente della Commissione, Jyrki Katainen. A 7 giorni dalla data d’uscita e a 5 dal vertice Ue, il tempo sta scadendo. Se la Camera dei Comuni non darà il via libera all’accordo entro il 12 aprile consentendo l’uscita dei britannici il 22 maggio, “rischiamo di mettere in pericolo il buon svolgimento delle elezioni europee e di minacciare il buon funzionamento dell’Ue”, ha detto Jean-Claude Juncker davanti al Parlamento europeo mercoledì. Dietro alla frase del presidente della Commissione c’è tutta una serie di riflessioni strategiche, di pareri giuridici e di preoccupazioni politiche sulla permanenza del Regno Unito nell’Ue all’inizio della prossima legislatura. Se Londra non partecipasse alle elezioni europee, la legittimità del prossimo Europarlamento potrebbe essere compromessa, così come il processo di nomina del presidente della Commissione e di tutto il collegio di commissari. Il calendario politico dell’Ue, poi, prevede una serie di scadenze importanti, come l’accordo sul bilancio pluriennale 2021-2027, su cui Londra ha diritto di veto.

   

La camicia di forza che l’Ue intende imporre al Regno Unito parte dal voto del 23-26 maggio per rinnovare l’Europarlamento. La proroga “deve essere significativamente più lunga” del 23 maggio e “richiedere le elezioni europee”, dice un documento riservato della Commissione di cui il Foglio è entrato in possesso. La chiave per “proteggere il funzionamento delle istituzioni Ue e la loro capacità di prendere decisioni” si chiama “spirito di cooperazione leale”. Anche se giuridicamente il Regno Unito manterrebbe tutti i diritti previsti dal Trattato, nei fatti sarebbe costretto a rinunciare a una parte dei suoi poteri. Secondo la Commissione, Londra “deve impegnarsi all’astensione costruttiva su questioni come le decisioni sulla futura leadership delle istituzioni Ue e i negoziati sul quadro finanziario pluriennale (il bilancio 2021-2027, ndr)”. Il Regno Unito ha il veto anche sugli accordi commerciali e la politica estera. Inoltre potrebbe essere decisivo per formare minoranze di blocco in decisioni chiave che devono essere prese a maggioranza qualificata. Anche in quei casi, Londra dovrebbe rinunciare solennemente ai sui diritti di voto e veto.

    

Sul piano politico, la permanenza prolungata del Regno Unito ha altre controindicazioni. La partecipazione alle elezioni europee, oltre a complicare la redistribuzione di seggi in alcuni stati membri, rischia di spostare gli equilibri nel Parlamento di Strasburgo a vantaggio delle forze euroscettiche. Inoltre, in caso di dimissioni di Theresa May, nessuno sa se il suo successore rispetterà gli impegni di “cooperazione leale” con l’Ue, tanto più se dovesse essere un brexiteer stile Boris Johnson. L’ipotesi evocata dal cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond di una proroga per il tempo necessario ad approvare un accordo, senza una durata predeterminata, aumenterebbe l’incertezza. La “ghigliottina” potrebbe scattare appena prima o appena dopo le elezioni europee. Ogni data – 31 dicembre 2019, 31 marzo 2020, 31 dicembre 2020 – per l’Ue è importante perché ha conseguenze giuridiche e finanziarie.

    

La ministra degli Esteri austriaca, Karin Kneissl, ieri ha spiegato alla Bbc che una proroga lunga è difficilmente “fattibile”. Se il Regno Unito uscisse in autunno potrebbe esserci “una crisi di legittimità” e la necessità di “rifare” le elezioni. Secondo Kneissl, non è detto che ci sia “coesione” tra i 27 sulla proroga: “Non sono nella posizione di dire se sono davvero unanimemente pronti ad accettare”. Emmanuel Macron ha già fatto sapere che l’Ue non deve diventare “ostaggio” della crisi politica britannica. Invece che con la proroga, dopo il vertice del 10 aprile il primo ministro potrebbe tornare a Londra con un altro tipo di scelta esistenziale: decidere in due giorni tra hard Brexit e revoca della Brexit.

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