Il ministro del Lavoro del governo May, Amber Rudd (Foto LaPresse)

La ministra inglese trollata dalla figlia e una generazione che ai genitori dirà: ma vi siete visti?

Paola Peduzzi

L’inestimabile sense of humor della figlia di Amber Rudd che elogia il no deal e si prende gioco della madre remainer 

Mi sono fatta trollare da mia figlia, ha tuittato Amber Rudd, ministro inglese per il Lavoro, segnalando un articolo pubblicato dallo Spectator, dal titolo: “7 ragioni per cui un no deal sarà un bene per i millennial”. L’autrice è Flora Gill, 28 anni, figlia della Rudd e di A.A. Gill, scrittore scomparso nel 2016 che manca tantissimo: come ha detto qualcuno, “è bello leggere ancora qualcosa di un Gill”, e Flora ha tanto dello spirito di suo papà, anche se molti non se ne sono accorti. Lei ha pubblicato un articolo ironico, sua madre ha tuittato con ironia, eppure c’è chi ha accusato Flora di essere “insultante”, “paternalista” e soprattutto: su certe cose non si può ridere, come se fosse ancora possibile prendere sul serio quello che sta accadendo nel Regno Unito con la Brexit.

 

Flora fa un appello a tutti i suoi coetanei – più o meno: non entriamo nella querelle sulla vera età dei millennial – che “sentono tremare la terra sotto ai loro stivali Balenciaga”, suggerendo sette buoni motivi per non prenderla così male, se la fine della Brexit dovesse essere senza accordo: non c’è scusa migliore della Brexit, tanto per cominciare (dopo tante “metro in ritardo e zie morenti” è un gran sollievo). “Non hai un lavoro? Colpa della Brexit. Sei in ritardo? La Brexit. Devi piantare uno? ‘Scusa non sei tu, è la Brexit’”. Poi i cari, autentici passaporti blu diventeranno imprescindibili su Instagram, mentre non dovremo più sorbirci l’Instagram di chi va in vacanza mentre noi lavoriamo: “Costerà molto di più” il roaming, e i millennial dovranno un po’ contenersi.

 

Possono comunque recuperare instagrammandosi alle proteste: non c’è nulla di più glam, scrive Flora, delle foto nella folla, mentre si manifesta il proprio dissenso, cartelli e t-shirt e molta voglia di mostrarsi, ci si consolerà in fretta del roaming punitivo. In più, con il no deal, il mercato immobiliare, tormento dei giovani inglesi, collasserà e finalmente anche questa generazione potrà comprarsi una casa (Fiona è appena andata a vivere nell’appartamento che era dei suoi genitori, a Kensington, e dice sbarazzina che sembra di essere sul set di “Downton Abbey”) e quando si sentirà in colpa di tanta fortuna potrà sempre sistemarsi la coscienza con “un toast con avocado”. E tutti i soldi spesi in medicina olistica, in corsi per curarsi con le pietre magnetiche o con i balli terapeutici finalmente si riveleranno utili: è chiaro che le riserve di farmaci non sono sufficienti, per fortuna c’è la medicina alternativa.

  

La Rudd, che è per una Brexit soft e ha votato contro una mozione parlamentare che escludeva l’alternativa del no deal, ha denunciato il troll della figlia con quella ironia che, in famiglia, è evidentemente un tratto genetico. E mentre il resto del Regno ha perso l’inestimabile sense of humor e deve prepararsi a ogni evenienza – nulla è escluso, tutto è possibile, soprattutto l’esaurimento nervoso – la Rudd si è messa a capo di una corrente parlamentare dei conservatori che si chiama “One Nation Caucus” e vuole fare da contrappeso ai noti, ciarlieri e tormentati falchissimi della Brexit che animano l’European Research Group. Il gruppo promuove “valori conservatori progressisti” e sta cercando un proprio candidato moderato se Theresa May dovesse (davvero) dimettersi e ci fosse una qualche contesa elettorale.

 

Vogliamo valutare, dicono gli esponenti di questa corrente, non soltanto le idee relative alla Brexit – un po’ perché ormai tutti hanno modificato queste idee e un po’ perché si tenta di guardare oltre il divorzio dall’Unione europea – ma poi i nomi che circolano sono sempre gli stessi, a cominciare dal ministro per l’Ambiente Michael Gove, brexiteer falco diventato sostenitore della May già autore di un clamoroso boicottaggio interno nel 2016, quando disse che avrebbe sostenuto Boris Johnson per la leadership dei Tory, e poi lo tradì e si candidò in prima persona. Nelle preferenze, Johnson è ancora in testa, Gove è terzo (al secondo c’è l’ex ministro della Brexit, Dominic Raab), a dimostrazione che il tempo è passato ma il mondo conservatore britannico è rimasto fermo, impantanato, quasi accecato, pronto a ridarsi battaglia su temi che sono stati superati persino dalla loro storia. A salvarli forse ci saranno gli occhi dei figli, di tutte le età, che tra un’ironia e l’altra, riusciranno a prendere da parte i propri genitori, o anche a esporli alla luce dei riflettori, e diranno, a questa generazione politica che sta collassando tutta in una volta, tutta insieme: ma vi siete visti?

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi