Le proteste ad Algeri contro Bouteflika (foto LaPresse)

Anche l'esercito abbandona Bouteflika. L'ipotesi di un nuovo voto

Rolla Scolari

Il capo dei stato maggiore chiede l'applicazione dell'articolo 102 della Costituzione, quello che disciplina la procedura di impedimento di un leader per ragioni di salute. Ecco gli scenari

Il presidente algerino Abdelaziz Bouteflika ha perso il suo più strategico alleato. Accade dopo oltre cinque settimane di manifestazioni oceaniche, pacifiche ed estese a tutto il paese: l’esercito abbandona il leader, anziano e malato, e il suo entourage arroccato al potere da 20 anni. Il capo dei stato maggiore Ahmed Gaid Salah deve il posto e la carriera al presidente Bouteflika. Eppure, davanti a un pubblico di militari in divisa, nella cittadina centro orientale di Ourgala, il generale che è anche vice ministro della Difesa (il ministro è Bouteflika stesso, e questo la dice lunga sulla qualità dei rapporti tra presidenza ed esercito) ha chiesto l’applicazione dell’articolo 102 della Costituzione. Si tratta di poche righe che spiegano in dettaglio la procedura di impedimento di un leader che “a causa di una malattia grave e duratura si trovi nell’impossibilità totale di esercitare le sue funzioni”, e che aprono a un possibile voto presidenziale in Algeria entro cinque mesi. Bouteflika, 82 anni e malato, dal 2013, anno in cui ha avuto un ictus, non compare quasi più in pubblico e comunica con la popolazione tramite lettere. Il suo ultimo discorso risale al 2012. I giovani dell’ironica, e a tratti cinica, piazza algerina mostrano durante le manifestazioni quadri e cornici: l’unica immagine del rais che arriva loro da anni, infatti, è la fotografia del presidente che sostituisce ai vertici ufficiali la sua persona fisica. Il generale Salah ha parlato di richieste legittime di una protesta pacifica e civile, matura, e della necessità di trovare una soluzione prima che le manifestazioni, oggi ancora lontane dalle dinamiche di partito e prive di una leadership riconoscibile, siano strumentalizzate.

 

 

L’Algeria è da settimane di fronte all’incognita dell’inedito. Queste ultime dichiarazioni mettono tutto il peso di un esercito ingombrante, protagonista della sanguinosa storia recente del paese, contro qualsiasi tipo di prolungamento del mandato di Bouteflika. Di certo, ora, sembra esserci soltanto l’iter burocratico della richiesta del potente generale, senza una garanzia che la piazza si svuoti. La prima tappa è stata una riunione d’emergenza del Consiglio costituzionale, l’organo che può innescare la procedura di destituzione del leader, dopo una verifica sulla sua salute.

 

C’è chi già mette in dubbio il processo: “Il Consiglio costituzionale non ha detto niente sull’annullamento del voto presidenziale (annunciato dopo l’inizio delle manifestazioni, assieme al ritiro della candidatura di Bouteflika, ndr), sulla dissoluzione della commissione elettorale e sul prolungamento del mandato presidenziale”, ha scritto critico su Twitter l’autore e giornalista Abed Charef. E il quotidiano francese Figaro fa notare come a capo dell’istituzione che dovrebbe essere all’origine di una possibile rimozione di Bouteflika sieda un suo fidato consigliere, Tayeb Belaiz, ex ministro degli Esteri, non a caso nominato dal rais in quella strategica posizione pochi giorni prima che annunciasse a metà marzo di candidarsi a un quinto mandato, innescando così l’ondata di dissenso popolare. E’ proprio il Consiglio costituzionale che dopo la verifica della salute del leader dovrà proporre all’unanimità al Parlamento di dichiararne l’impedimento. La mozione potrà poi essere approvata soltanto con la maggioranza dei due terzi del corpo legislativo e a quel punto la presidenza ad interim sarà affidata al capo del Consiglio della nazione, la Camera alta, per 45 giorni. Attorno al nome di Abdelkader Bensalah c’è da giorni già una polemica, sollevata da politici islamisti, sulle sue origine marocchine. Se dopo 45 giorni l’impedimento permane, il presidente è destituito. Entro 90 giorni, in cui il potere è gestito dal Consiglio della nazione, devono essere indette le elezioni.

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