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Le proteste dell'Algeria contro Abdelmajid Tebboune

Rolla Scolari

La piazza ha boicottato le elezioni e il neopresidente rappresenta la vittoria di tutto quello che i manifestanti vogliono veder finire

I risultati dell'elezione presidenziale hanno dato ancor più vigore al dissenso e rafforzato la fantasia del movimento rivoluzionario in Algeria. Il vincitore è già protagonista indiscusso di nuovi cori, canzoni e slogan della piazza: “Tebboune-la-cocaina vuole diventare rais”, “Tebboune presidente illegittimo”, “Non molleremo mai”, “Giuro su Dio che non ho votato”, “Il vostro presidente non ci rappresenta”.

  

 

I seggi sono chiusi da poche ore, ma le strade di Algeri e delle altre città del paese sono già piene di prima mattina: migliaia di persone in strada nel 43esimo venerdì di protesta. Il voto di ieri non ha calmato e non calmerà la rivoluzione. Sicuramente non l'ha calmata l'annuncio che il nuovo presidente sarà Abdelmajid Tebboune.

  

 

Le piazze algerine hanno boicottato le elezioni perché, accusano, sono state organizzate da un regime che rifiuta, sotto la pressione della contestazione, di uscire di scena. Non è bastata, sostengono, la dimissione dell'ex rais Abdelaziz Bouteflika: il sistema dietro di lui resta forte, capillare, profondo, appoggiato dal potere dell'esercito, nella persona del generale Ahmed Gaid Salah.

 

  

I cinque candidati al voto di giovedì sono tutti di casa, in questo regime. La vittoria di Tebboune è destinata per questo a rafforzare le motivazioni della piazza: tra i cinque, è forse considerato il politico più vicino a Gaid Salah, e sicuramente vicino all'ex rais. A sorprendere è lo scarto anagrafico fra il nuovo presidente, 74 anni, e i manifestanti in piazza, in un paese in cui la maggior parte della popolazione ha meno di 30 anni.

  

 

Tebboune è stato ex premier nel 2017 sotto Bouteflika, più volte wali, prefetto, e ancora ministro. E' parte di quell'antica classe burocratica scalzata dal potere da una nuova oligarchia capitalista, rafforzatasi – prima del crollo del prezzo del greggio – dalla rendita facile del petrolio. Proprio questa sua opposizione al clan degli uomini d'affari vicini al fratello di Bouteflika, Said, reggente del paese dopo l'ictus che ha colpito l'anziano leader, ha portato al suo allontanamento dal potere. E nel 2018 – da qui i cori sulla droga – il figlio Khaled è rimasto coinvolto nello scandalo nazionale del sequestro di 701 chili di cocaina nel porto di Orano. Il neo-presidente rappresenta il palazzo e tutto ciò che la piazza vuol vedere finire: decenni di potere (e lotta di potere) dei clan e delle oligarchie, siano esse burocratiche o economiche. E ieri ad Algeri e nel resto del paese, nella regione ribelle della Cabilia, madre di tutte le rivolte algerine, i manifestanti hanno gridato all'“illegittimità” del nuovo presidente. Come “illegittimo” avevano ritenuto il voto di giovedì: se Tebboune è stato eletto con il 58 per cento delle preferenze, l'affluenza sotto il 40 per cento è la minore nella storia elettorale algerina. La giornata di voto è stata ovunque lunga e difficile: ai seggi semi-vuoti si opponevano massicce proteste di piazza, con scontri inediti tra forze dell'ordine e manifestanti, dopo 43 settimane di contestazioni assolutamente pacifiche.

  

   

In alcune zone del paese, i seggi sono stati presi di mira dalla folla, che ha aperto le urne e lanciato in aria le schede elettorali.

  

   

“Non voto contro la mia patria” è stato uno degli slogan più gridati nelle piazze, che sono tornate a riempirsi oggi con un messaggio: “O voi o noi, non ci arrenderemo”.