Gli 11 membri dell'Independent group insieme alla Camera dei comuni (Foto LaPresse)

L'Independent Group sta prendendo forma. Ma che chance ha?

Paola Peduzzi

8 laburisti e 3 conservatori nel nuovo movimento anti-Brexit: Corbyn promette ritorsioni, ma i sondaggi danno ragione ai ribelli 

Milano. Prima erano sette, e avevano l’aria un po’ triste di chi se ne va perché davvero non può più restare, ma la valigia pesa e il futuro è incerto. Poi sono diventati otto, e quella persona in più, una signora, ha dato un po’ di speranza, perché ha spiegato molto bene la necessità di questa partenza, di questa ribellione. E infine sono arrivati altre tre, di un’altra famiglia ma allo stesso modo convinti e determinati a fare un nuovo viaggio insieme. E gli occhi di tutti si sono alzati: vuoi vedere che hanno ragione loro?

 

Loro sono l’Independent Group, il neomovimento inglese nato lunedì mattina dall’iniziativa di sette laburisti – il più noto è l’ex ministro ombra Chuka Umunna, la più appassionata è la parlamentare Luciana Berger, vittima di una campagna antisemita perpetrata dai suoi stessi compagni di partito – e diventato più grande ieri, con l’arrivo di un’altra laburista, Joan Ryan, e soprattutto di tre parlamentari conservatrici – Anna Soubry, Heidi Allen e Sarah Wollaston – che hanno spiegato così la loro decisione: “Non possiamo più rimanere nel partito di governo le cui politiche e priorità sono saldamente in mano all’Erg e al Dup”, dove l’Erg è l’European Research Group, falchissimo sulla Brexit, e il Dup è il partito nordirlandese che garantisce ai Tory la maggioranza ai Comuni. La premier, Theresa May, ha detto di essere molto “dispiaciuta” per questa dipartita, ma molti sostengono che non è il caso di fidarsi di questa apparente gentilezza, così come non c’è da farlo con chi, nel Labour, ha detto che bisogna capire e comprendere e curare le insofferenze di chi se ne va: la vendetta è già pronta, ed è anche abbastanza semplice. Rinunciate ai vostri seggi, cari ribelli, organizziamo delle suppletive e vediamo se con questo vostro gruppo indipendente riuscite a ottenere qualcosa.

 

Nessuno ha codificato ancora questa richiesta in modo esplicito, ma c’è chi ha fatto intendere la minaccia – soprattutto dentro al Labour: la leadership di Jeremy Corbyn è piuttosto punitiva con i dissidenti – ma per ora i ribelli non sembrano preoccupati: sia come sia, abbiamo messo in conto ogni cosa, nella foto di gruppo, tutti insieme per la prima volta, ci sono dei gran sorrisi. E un appello: venite con noi. Tutti quelli che non reggono più Corbyn, tutti quelli che non reggono più la May, soprattutto i liberaldemocratici: è il momento di creare quel partito del “48 per cento”, la percentuale anti Brexit al referendum del 2016, di cui si parla da due anni senza far mai qualcosa di concreto. A sostenere gli indipendenti, sono arrivati ieri puntuali dei sondaggi rassicuranti, in particolare quello del Times assieme a YouGov, che dà i conservatori al 38 per cento, il Labour al 26 (questo dà la misura dell’opposizione di Corbyn), l’Independent Group al 14 e i Lib-dems al 7. Dei sondaggi non si fida più nessuno da tempo, ma quel “14” ieri correva sulle labbra di tutti: sognare un’alternativa non è reato.

 

Poi c’è la realtà. Ieri la May è andata a Bruxelles per fare quelle modifiche cosmetiche che le consentiranno la settimana prossima di sopravvivere al voto ai Comuni (il 27) e poi di procedere ancora verso l’ultima settimana prima dell’uscita dall’Ue (prevista per il 29 marzo), quando la strategia della May – o il mio accordo o il no deal – suonerà come un ultimatum: arrendersi allora sarà quasi inevitabile. Il piano della May è rischiosissimo, ma tutto questo affare Brexit lo è: la disperazione diventa assoluta quando non resta più nessuno con qualcosa da perdere.

 

C’è un rischio condiviso da tutti: che il caos finale porti a un’elezione anticipata, che rischierebbe in un attimo di concretizzare i timori collettivi, una Brexit precipitosa, poche speranze per il nuovo movimento di diventare un partito vero. A meno che non riesca a imporsi, ora, il movimento per il secondo referendum: il 23 marzo ci sarà una grande manifestazione organizzata dal People’s Vote, molti dicono di non distrarsi e di pensare soltanto al diritto di cambiare idea, l’ultima chance per garantirsela davvero, una alternativa.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi