Jeremy Corbyn (foto LaPresse)

Corbyn oltre l'ambiguità

Paola Peduzzi

Per la prima volta il Labour inglese prende l’iniziativa sulla Brexit: il leader a favore di un secondo voto

Milano. Bisogna fare di tutto per evitare la Brexit “disastrosa” dei conservatori, ha detto il leader del Labour inglese, Jeremy Corbyn, e in questo “tutto” c’è anche, soprattutto, il secondo referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Nel giro di qualche giorno, il paese si è risvegliato, tutto d’un colpo, e ha capito che quest’ultimo mese prima del ritiro formale – previsto per il 29 marzo – deve essere impiegato per fare qualcosa di più costruttivo rispetto alle solite liti, alle solite lamentele, alle solite perdite di tempo.

 

Anche Corbyn, motore immobile di un’opposizione al governo May che non ha mai trovato un proprio metodo e una propria strategia per la Brexit, è andato oltre l’ambiguità, e ha detto ai suoi colleghi: “Porteremo avanti o sosterremo un emendamento a favore di un voto per prevenire una Brexit dei Tory pericolosa”, in particolare un non-accordo. Domenica, la premier Theresa May aveva annunciato che il voto decisivo sull’accordo che ha negoziato con l’Ue – e che ha subìto delle modifiche cosmetiche – è stato fissato per il 12 marzo.

 

Questa settimana però sono previsti altri voti ai Comuni, per governare i diversi esiti (il più probabile resta un prolungamento dell’articolo 50) e soprattutto per evitare un’uscita precipitosa dall’Ue. In particolare, la laburista Yvette Cooper e il conservatore Oliver Letwin stanno lavorando a un emendamento per spostare in avanti l’uscita dall’Ue in modo da evitare il no deal: un emendamento simile era stato presentato qualche settimana fa, ma era stato bocciato, perché non aveva il sostegno del Partito laburista. Ora Corbyn non soltanto vuole puntare sulla proposta della Cooper e di Letwin – una delle poche iniziative bipartisan che hanno preso vita in questi ultimi mesi di negoziati: contro la polarizzazione – ma anche prevedere un eventuale nuovo voto, cioè concretizzare il suo mantra “tutte le opzioni sono sul tavolo”.

 

I dettagli di questa svolta sono ancora da capire: il secondo referendum in realtà vuol dire molte cose, e lavorare a un quesito per un’altra consultazione significa togliere ulteriore ambiguità al progetto laburista. Ci sarà l’accordo May, nel quesito? E l’unione doganale? O si ritorna alle origini, dentro o fuori l’Ue? Ma questi dettagli sono per ora secondari: Corbyn deve prima di tutto ritrovare consenso presso la sua base più euroscettica, che come si sa ha condizionato finora tutte le sue decisioni. In Parlamento, è probabile che lo scontro sarà molto esplicito: manca talmente poco tempo che è difficile immaginare altre scappatoie. Anche perché il mondo del People’s Vote, il gruppo che sostiene il secondo referendum, sta già festeggiando: c’è voluto parecchio, ma ce l’abbiamo fatta. Si dice che il partito appena nato la scorsa settimana, quell’Independent Group che non ha un leader e non sa ancora nemmeno se tenersi questo nome, abbia determinato la svolta di Corbyn: fino ad allora, le minacce di fuoriuscite erano saltuarie e isolate, quando invece si è trovata una nuova casa, piccina ma accogliente, per gli anti Brexit, Corbyn deve aver capito che il costo politico della sua ambiguità avrebbe rischiato di stroncarlo. Anche i Tory hanno preoccupazioni identiche, ma per una volta la regia di questa Brexit tormentata è nelle mani dell’opposizione: non era mai successo prima.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi