Wang Yi e Giuseppe Conte (foto LaPresse)

Per un pugno di arance. La strana strategia italiana in Cina

Giulia Pompili

Il ministro degli Esteri cinese in Italia prepara la visita del presidente Xi. Il governo punta davvero a investire tutto su Pechino?

Roma. Il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha incontrato ieri alla Farnesina il suo omologo italiano Enzo Moavero Milanesi e poi a Palazzo Chigi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Wang e Moavero hanno presieduto l’annuale sessione del Comitato governativo Italia-Cina, l’organismo coordinato dalla Farnesina e definito il “principale meccanismo di impulso e indirizzo politico del Partenariato strategico tra i due paesi”. Linguaggio diplomatico a parte, la missione del ministro Wang in Italia è importante perché propedeutica alla prima visita del presidente cinese Xi Jinping in Italia, che non è stata ancora ufficializzata ma secondo varie fonti dovrebbe avvenire tra il 19 e il 21 marzo. Sin dal suo insediamento nel giugno scorso, il governo gialloverde ha espresso più volte l’intenzione di volere aderire al progetto Belt and Road, attraverso la firma di un memorandum of understanding che impegnerebbe l’Italia nel mastodontico progetto di Pechino per costruire una globalizzazione “con caratteristiche cinesi”.

   

Ieri Wang ha parlato solo di “contatti molto stretti”, ma circolano voci secondo le quali la firma del memorandum potrebbe avvenire proprio in occasione della visita di Xi in Italia. Voci che avrebbero fatto infuriare l’ambasciata americana a Roma che, causa shutdown, non ha potuto confermare o smentire. Nessuno dei paesi del G7 ha finora firmato per la Belt and Road, ritenuta Oltreoceano un progetto “controverso” perché aumenta esponenzialmente la capacità d’influenza cinese in occidente. In Europa ci sono state soltanto le firme di Grecia e Portogallo, oltre a qualche paese dell’est come Polonia, Montenegro, Serbia.

  

E’ interessante notare come il Comitato Italia-Cina della Farnesina ultimamente fosse stato un po’ messo in ombra dall’iniziativa del ministero dello Sviluppo economico, che grazie all’attivissimo sottosegretario Michele Geraci aveva costituito la sua Task Force Cina – di cui, a dire il vero, a parte uno sconfinato elenco di nomi che circola tra i beninformati, si sa ben poco e ben poco finora ha prodotto. L’attivismo di Geraci nei confronti della Cina – che secondo alcune fonti avrebbe indispettito più di qualcuno sia all’interno del Mise sia nelle sedi diplomatiche italiane in oriente – è dimostrato dalle spese per i viaggi di missione in Italia e all’estero sostenute dal sottosegretario e pubblicate sul sito del Mise. Nel trimestre tra giugno e settembre del 2018, su 18.920 euro di spese complessive, 10.317 euro sono stati destinati a due diverse missioni in Cina, entrambe nel mese di settembre (c’è anche un errore, nella rendicontazione pubblica, visto che il dettaglio delle spese non corrisponde al totale complessivo, e c’è da stare accorti se pure lo Sviluppo economico ha difficoltà a far di conto). Le spese di viaggio del trimestre successivo ottobre-dicembre lievitano: Geraci ha speso complessivamente 30.951 euro. Di questi, 7.925 euro sono stati destinati alla missione di novembre in Cina, quella in cui il sottosegretario ha accompagnato il vicepremier Luigi Di Maio a Shanghai – missione per cui Di Maio, ministro, ha speso invece solo 1.544 euro. Al viaggio cinese di novembre vanno aggiunti 5.995 euro che Geraci ha speso per una missione tra Cina (ancora!), Giappone e Corea del sud a dicembre.

 

Il fatto che il sottosegretario Geraci abbia le deleghe al commercio estero giustifica la spesa, ovviamente, e tutto ciò che si fa per il bene del paese non ha prezzo. E a giudicare dall’investimento considerevole su certe missioni, l’indirizzo del commercio estero secondo il governo gialloverde sembra essere soprattutto la Cina. Eppure, finora, i (pochi) risultati raggiunti riguardano il ministro dell’Agricoltura Centinaio, che nella recente missione a Pechino ha strappato due accordi che permetteranno l’esportazione in Cina di nocciole ed erba medica. Merito del Mise, invece, che le arance rosse siciliane potranno essere esportate in Cina per via aerea.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.