Il presidente russo Vladimir Putin (Foto LaPresse)

La linea sottile che lega Russia e Venezuela

Micol Flammini

Putin difende Maduro perché teme un presidente filo-americano a Caracas

Roma. C’è una linea sottilissima che tiene uniti due mondi tanto diversi come la Russia e il Venezuela. Tra le dichiarazioni di Vladimir Putin, sempre cauto e attento, e i proclami di Nicolás Maduro, schierati ed entusiastici, il rapporto tra le due nazioni è sempre stato sbilanciato. Da una parte una Russia attenta e rapida nell’approfittare di un Venezuela fragile e disposto a svendersi, dall’altra un Venezuela elettrizzato dall’avere al suo fianco una potenza – in realtà zoppa, ma Mosca sa vendersi bene – disposta a dargli una mano.

 

E non importa se le dichiarazioni di Maduro in patria – l’ultima a dicembre quando era tornato da Mosca dicendo che i russi erano pronti a investire sei miliardi di dollari in Venezuela –, sono state spesso smentite. Quel che interessa oggi, mentre il leader traballa, è che il Cremlino sta dalla sua parte e arriva a minacciare gli Stati Uniti pur di difenderlo. “La Russia considera illegali le azioni dirette a rimuovere il capo di stato venezuelano”, ha dichiarato il presidente della Duma Vyacheslav Volodin. “Il Venezuela di Maduro è un partner della Russia. Mettiamo in guardia da azioni spericolate che possono portare a conseguenze catastrofiche”, ha scritto in una nota Sergei Lavrov. Il ministro degli Esteri ha aggiunto: “Proteggeremo la sovranità del Venezuela e il principio di non interferenza nei suoi affari interni”.

 

Il Venezuela ha due volti, uno guarda agli Stati Uniti, l’altro guarda alla Russia, questo strabismo riflette anche una frattura interna molto pericolosa che Mosca sta raccontando a modo suo. Basta leggere le dichiarazioni per capire che dipinge la situazione in Venezuela come un complotto americano orchestrato per far “scoppiare un bagno di sangue”, un disegno per poter mettere le mani sulla nazione. La linea sottilissima che parte da Putin e arriva a Maduro non ha molto a che vedere con l’ideologia, benché RT ieri abbia scritto sul suo sito che milioni di venezuelani sono usciti dalla povertà durante la rivoluzione bolivariana e che non accetteranno l’imposizione del nuovo presidente scelto dagli Stati Uniti (Juan Guaidó in realtà è stato eletto dai membri dell’Assemblea nazionale).

 

Questa linea che lega i due paesi è clientelare e quello che sta facendo Mosca è far finta di difendere il suo cliente, uno dei più entusiasti, per proteggere in realtà se stessa. Dopo la dichiarazione in cui Donald Trump riconosceva Guaidó come legittimo leader della nazione, le azioni di Rosneft, la compagnia del petrolio statale russa, sono crollate. In bilico ci sono molti affari, Maduro ha svenduto alla Russia le risorse petrolifere e minerarie, in cambio di una protezione militare molto vaga e della promessa di addestrare l’esercito venezuelano. Il Cremlino, per il quale Caracas rappresenta una base, una porta d’accesso in Sudamerica per infastidire gli Stati Uniti, ha sempre concesso poco e sfruttato molto e per ora si limita a dichiarazioni in difesa del politico venezuelano e contro la Casa Bianca.

 

A Caracas “non solo le norme, ma anche il buon senso è stato ignorato”, ha detto il primo ministro Medvedev. “Tutta l’attuale politica americana nei confronti del Venezuela, comprese le ultime dichiarazioni di Trump, sono un’interferenza diretta e senza remore”, ha detto il senatore Konstantin Kosachev. E ancora: “Gli Stati Uniti continuano la loro politica di pressione esterna negli affari interni di stati sovrani”, ha dichiarato il deputato Leonid Slutsky. Torna quella parola, “ingerenza”, ripetuta come un mantra da Mosca e dai suoi adepti – in Italia anche il grillino Cabras ha criticato le “ingerenze esterne” contro Maduro, “presidente democraticamente eletto” –, quando ormai mancano gli argomenti. La Russia non vuole un presidente amico di Washington, le causerebbe grosse perdite economiche in un periodo in cui è intenta a mascherare la debolezza delle sue ricchezze millantate. Negli anni di cooperazione con Maduro, il Cremlino ha sempre tenuto a distanza le dichiarazioni di fratellanza tra Mosca e Caracas, ora non può far altro che appoggiarlo più con proclami che militarmente, come si aspetterebbe il politico venezuelano. Mosca ha venduto a Maduro una promessa, e ora pensa a se stessa parlando delle ingerenze degli altri.

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