La polizia venezuelana per le strade di Caracas durante le manifestazioni anti Maduro (foto LaPresse)

Il pericolo stallo in Venezuela

Daniele Raineri

Ma Trump ce l’ha questo “piano imperialista” per appoggiare l’opposizione a Maduro?

New York. Il presidente americano Donald Trump appoggia il tentativo da parte dell’opposizione venezuelana di eliminare il regime chavista di Nicolás Maduro – che ha portato il Venezuela alla fame – e si tratta di un grande azzardo perché nessuno sa cosa succederà nei prossimi giorni. Se Maduro riesce a conservare al suo fianco abbastanza forze militari per mantenere il controllo del paese – come ha fatto per anni – allora cosa succederà alla folla che è scesa in piazza appoggiata dall’America? E cosa farà l’Amministrazione Trump se le cose si mettono male e Maduro riesce a schiacciare gli oppositori e a vanificare la sponsorizzazione americana? 

 

Un funzionario dell’Amministrazione dice al New York Times che l’opzione militare non è esclusa e a quel punto tutto diverrebbe possibile.

 

Il casus belli più immediato è la presenza in Venezuela di diplomatici americani. Maduro ha ordinato la loro espulsione nel giro di settantadue ore ma Juan Guaidó, il capo dell’Assemblea nazionale che mercoledì si è proclamato presidente, ha detto che i diplomatici americani possono restare. Ora che la maggioranza della popolazione cerca indizi per capire se il governo chavista è finito oppure se sono gli oppositori ad avere tentato una mossa che è oltre le loro forze, la cacciata degli americani dal Venezuela acquisterebbe molto significato.

 

In questo momento, tra Nicolás Maduro al governo che non intende farsi da parte e un’opposizione di piazza che si sente forte perché ha l’appoggio americano, si sono create le condizioni per uno stallo che potrebbe portare alla violenza nelle strade – per essere più precisi potrebbe portare a una maggiore violenza nelle strade considerato che il giorno della sfida a Maduro sono morti sette manifestanti in scontri sparsi in tutto il paese e che in questi anni di scontri e proteste ci sono stati centinaia di morti.

 

Il presidente Trump annuncia decisioni nette in politica estera, ma senza un piano a lungo termine. A dicembre ha annunciato un ritiro totale dei soldati americani dalla Siria orientale – dove si occupavano di distruggere i resti dello Stato islamico assieme alle milizie curde, in uno degli esempi più efficienti della storia di partnership tra americani e combattenti locali – senza però avere già definito cosa fare e il risultato è una fase di incertezza assoluta. I soldati che dovevano rientrare a casa “entro trenta giorni”, quindi entro il 18 gennaio, sono ancora là, i negoziati per rimpiazzare le forze curde con un contingente della Turchia non sono ancora arrivati a nessuna conclusione, i curdi si sentono abbandonati e lo Stato islamico nel frattempo lungi dall’essere sconfitto pedina le pattuglie americane a piedi e segue i loro convogli nelle strade per lanciare attacchi a sorpresa, come succedeva in Iraq dieci anni fa. Se l’Amministrazione Trump ha un piano per il Venezuela c’è da sperare che sia stato studiato molto meglio e definito in anticipo rispetto a quello che si è visto o anzi che non si è visto in Siria.

 

E’ molto probabile che il governo americano faccia affidamento su contatti discreti nelle Forze armate, che decideranno se stare dalla parte di Maduro oppure se decretarne la fine e appoggiare il rivale Guaidó.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)