Il deputato del M5s Pino Cabras (Foto Imagoeconomica)

La non posizione del governo su Maduro spiegata da un grillino

Salvatore Merlo

Conte balbetta, Salvini sostiene Guaidó e un deputato del M5s spiega perché l’Italia tarda a schierarsi

Roma. Anche gli Stati Uniti hanno riconosciuto Juan Guaidó presidente del Venezuela. Il mondo si schiera. Erdogan e Putin con Nicolás Maduro. La Francia con l’opposizione. L’Italia è sospesa. Capire la posizione del nostro paese richiede l’intervento degli aruspici. Conte non dice praticamente nulla. Salvini condanna Maduro. Cercare al telefono un sottosegretario agli Esteri significa far squillare il cellulare a vuoto per ore. Per fortuna a Montecitorio c’è l’onorevole Pino Cabras. Cinquant’anni, commissione Esteri, M5s. Cabras è uno che ha le idee chiare. Cabras non tace. Non cincischia.

 

“Premetto che ho un giudizio prudente”.

 

Bene.

 

“Non dico ci sia un complotto americano, ma…”.

 

Non doveva essere prudente?

 

“Si sta ponendo grande enfasi sui diritti umani per usarli come un grimaldello contro il governo del Venezuela”.

 

Tattica imperialista.

 

“Gli Stati Uniti stanno torcendo la mano alla situazione”.

 

Per ottenere cosa?

 

“Per impedire che in Venezuela vengano installati missili a medio raggio”.

 

Missili di chi?

 

“Di Putin. La tempistica è sospetta”.

 

Il sospetto è l’anticamera della verità.

 

“Bisogna capire la geopolitica” (e Cabras la capisce. D’altra parte è coautore di diversi saggi con Giulietto Chiesa).

 

“Qui siamo in una situazione che ricorda l’intervento militare in Libia”.

 

Interessi internazionali.

 

“Certo”.

 

Maduro è un dittatore sanguinario.

 

“Gode dell’appoggio di gran parte della popolazione”.

 

Arresta i dissidenti politici. Tortura. Ci sono morti ammazzati.

 

“Non nego che il Venezuela sia un paese in difficoltà”.

 

Chiamale difficoltà.

 

“Quello che succede in Venezuela sono affari dei venezuelani”.

 

E il governo italiano deve riconoscere l’elezione di Maduro?

 

“È stato democraticamente eletto”.

  

Con le squadracce davanti ai seggi.

 

“È stato eletto”.

 

Ma non è che lei è un po’ chavista?

 

“No. Ma invito tutti alla prudenza”.

 

Il Venezuela con Maduro è diventato un narcostato.

 

“E allora il Messico?”.

 

Che c’entra il Messico?

 

“C’entra. Anche in Arabia Saudita violano i diritti umani eppure con l’Arabia Saudita ci commerciamo”.

 

C’è gente che fa la fame in Venezuela.

 

“Lo so benissimo. Per le cose che dico ho ricevuto critiche e anche molti insulti su Facebook”.

 

A proposito d’intolleranza. Ieri non le è piaciuto un articolo del Foglio che faceva il resoconto delle sue idee sul Venezuela. Così lei ha scritto su Facebook che abbiamo i fondi pubblici “agli sgoccioli”.

 

“Il giornalismo è mosso troppo spesso da interessi impropri. Ma non volevo manifestare intenti ritorsivi”.

 

Poteva sembrare.

 

“Niente di personale”.

 

Solo business. Come nel Padrino.

 

“Ci siamo chiariti”.

 

Altroché.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.