Nicolas Maduro e Xi Jinping con le rispettive first lady durante una visita del presidente venezuelano a Pechino, nel 2015 (foto LaPresse)

Il migliore amico della Cina in America latina è Maduro

Giulia Pompili

La tradizionale politica di non interferenza di Pechino si scontra con gli affari (enormi) fatti con il Venezuela negli ultimi anni. Una ricognizione

Sulla questione venezuelana la Cina potrebbe presto cambiare la sua tradizionale politica di “non interferenza” negli affari interni dei paesi stranieri. Il legame tra Pechino e Caracas, infatti, negli ultimi cinque anni si è trasformato in un rapporto di dipendenza strategica unico, una dipendenza che è soprattutto quella del Venezuela nei confronti della Cina. E così, man mano che cresce il ruolo della nuova Cina di Xi Jinping sul piano della politica internazionale, cresce anche la sua responsabilità nelle aree più a rischio. Ma c'è di più: ancora una volta una questione di rilevanza internazionale sembra mettere al centro un problema che va oltre i confini nazionali (alla faccia dei sovranisti) e la sbandierata “non interferenza”: c'è sempre di mezzo la guerra per l'egemonia globale che stanno combattendo le prime due economie del mondo, America e Cina.

 

Hua Chunying, portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha detto giovedì ai giornalisti che Pechino “sta seguendo da vicino la situazione in Venezuela e chiede a tutte le parti coinvolte di rimanere calme e razionali, di cercare un punto di incontro politico attraverso il dialogo pacifico e nell'ambito della Costituzione venezuelana”. Ma soprattutto: “La Cina sostiene gli sforzi del governo venezuelano per la salvaguardia della sovranità nazionale, dell'indipendenza e della stabilità: la Cina ha sempre seguito il principio di non ingerenza con gli affari interni di altri paesi e si oppone a qualsiasi intervento esterno negli affari del Venezuela, e spera che la comunità internazionale possa lavorare insieme per ritrovare le condizioni favorevoli”.

 

La verità è che la Cina ha sempre sostenuto il Venezuela di Nicolás Maduro.

 

Già nel 2017, con l'inizio delle proteste a Caracas, la Cina aveva appoggiato il presidente venezuelano: “Nella visione cinese, il voto per l’elezione della Costituente del 30 luglio 'si è svolto in maniera tranquilla'”, era stato il commento del ministero degli Esteri. Ma Pechino era andata oltre, boicottando ogni azione intrapresa a livello internazionale: quando gli Stati Uniti provarono a riunire un Consiglio di Sicurezza dell'Onu informale sulla situazione, l'ambasciatore cinese alle Nazioni Unite – insieme con quelli di Russia, Bolivia ed Egitto – era apparso accanto al suo omologo venezuelano che parlava di una “grave interferenza e un atto ostile da parte degli Stati Uniti”. 

 

L'amicizia tra i due paesi è descritta perfettamente in due articoli: uno di Daniel Lansberg-Rodríguez uscito sul New York Times nel 2017 e un'inchiesta di Angus Berwick, corrispondente da Caracas di Reuters, pubblicata nel novembre del 2018.

 

“L'alleanza della Cina con il chavismo è iniziata con il carismatico predecessore di Maduro, Hugo Chávez. Nel 2001, il Venezuela è diventato il primo paese ispanico a firmare una 'partnership di sviluppo strategico' con la Cina – una relazione che si è poi trasformata in 'partnership strategica globale' nel 2014”, scrive Rodríguez. “Da allora, la Cina ha prestato al Venezuela circa 60 miliardi di dollari (rimborsati quasi tutti in petrolio) e ha messo in piedi complesse operazioni di finanziamenti congiunti di cui fanno parte almeno 600 progetti. In cambio le aziende cinesi hanno avuto un accesso privilegiato al mercato venezuelano, con infrastrutture redditizie e concessioni. Il flusso di merci cinesi in Venezuela è cresciuto in modo esponenziale” –è passato dai 100 milioni di dollari nel 1999 ai 5,7 miliardi di dollari nel 2014.

 

Il 2014 è l'anno della prima visita di stato del presidente Xi Jinping a Caracas. In quell'occasione la Cina ha iniziato a prestare soldi al Venezuela in cambio di petrolio. Tanti soldi. Talmente tanti che nel 2017 il Venezuela ha deciso di iniziare a pubblicare il prezzo del petrolio non più in dollari, ma in yuan cinesi contro “la tirannia” del dollaro.

 

A metà settembre dello scorso anno, poi, c'è stato il viaggio del presidente venezuelano Nicolas Maduro a Pechino, che ha consacrato la stretta relazione del Venezuela con la Cina. Come primo appuntamento, Maduro era apparso al mausoleo di Mao Zedong nella capitale cinese. La notizia era stata rilanciata da parecchi media, perché succede molto di rado che un capo di stato straniero visiti il mausoleo. Maduro aveva parlato di Mao come di un “gigante”, un esempio per l'umanità, così come della nuova visione della Cina del presidente Xi Jinping. Qualcuno aveva poi confrontato le sue dichiarazioni sulla Cina con le continue condanne contro “l'imperialismo americano”. “La pace può esistere solo se priva di una potenza imperialistica egemonica che ricatta, domina e attacca i cittadini del mondo", aveva detto il leader venezuelano, riferendosi all'America. 

 

Subito dopo la visita di Maduro a Pechino l'America ha imposto nuove sanzioni contro la first lady venezuelana e gli uomini del presidente. Sul piano internazionale, però, la politica di isolamento che voleva Trump contro Caracas si è sempre infranta contro gli interessi dei cinesi.

  

C'è poi un ideale sociale che unisce la Cina contemporanea con le politiche di Maduro. Secondo l'inchiesta di Reuters, già undici anni fa Chávez mandò alcuni funzionari del ministero della Giustizia di Caracas a Shenzhen, la capitale tecnologica cinese, a imparare dai migliori il cosiddetto controllo sociale smart (i Big Data sono la forma di controllo più sconosciuta e importante). “Nell'ambito del finanziamento da 70 milioni di dollari del governo per rafforzare la sicurezza nazionale, il Venezuela nel 2017 ha reclutato Zte per costruire un database dei cittadini e creare un sistema di pagamento elettronico tramite le carte d'identità elettroniche”, scrive Reuters. In pratica Zte – accusata da vari paesi compresa l'America di essere estremamente vicina al governo cinese e di fare affari rubando dati – ha in mano il censimento venezuelano.

 

Per approfondire tutte le questioni che la Cina ha in ballo con il Venezuela di Maduro basta dare un'occhiata a questo report in quattro parti di Jesús Hermoso e María Victoria Fermín per SupChina. 

Di più su questi argomenti:
  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.