Joe Biden (foto LaPresse)

Joe Biden, l'ultimo centrista

Paola Peduzzi

Cosa ci dice la possibile candidatura dell'ex vicepresidente di Obama dell’antitrumpismo, delle sinistre e di come si fa opposizione

Milano. Se riuscite a convincermi che c’è qualcuno con più possibilità di vincere rispetto a me, sarò felice di non candidarmi, ha detto Joe Biden, veterano del Partito democratico americano ed ex vicepresidente della stagione obamiana, “ma non vedo nessuno che possa fare davvero quel che è necessario per vincere”, ha aggiunto, sincero e diretto come è nella sua natura. Biden non ha ancora fatto un annuncio ufficiale – l’unica a essere formalmente in corsa per le presidenziali del 2020 è Elizabeth Warren, senatrice del Massachusetts – ma sembra quasi pronto, o almeno così dice il chiacchiericcio di Washington. 

 

La prima volta che si candidò alla presidenza, Biden aveva 45 anni: era il 1987, una mattina di giugno, nella stazione di Wilmington, nel suo Delaware. Tre mesi dopo aveva già ritirato la candidatura, dopo un pasticcio con un discorso scopiazzato e “l’ombra esagerata”, disse lui, dei suoi errori del passato. Ci riprovò nel 2008, ma quello fu l’anno dell’inarrestabile Barack Obama che infine lo scelse come suo compagno di ticket, confermandolo nel 2012.

 

Rinvigorito dall’esperienza obamiana, Biden voleva candidarsi nel 2016 ma – come ha raccontato nel suo memoir, “Papà, fammi una promessa”, pubblicato in Italia da NR edizioni – la morte del figlio Beau, il freno imposto dallo stesso Obama (in modo molto schietto, quasi brutale) e la chance che Hillary Clinton pretese per sé costrinsero Biden a saltare il turno. E ora rieccolo, con i suoi 77 anni che saranno 79 nel novembre del 2020, pronto a giocare l’ultima partita, collocandosi in un punto del suo partito quasi disabitato, quel centro che non eccita la nuova leva dei democratici d’ispirazione sandersiana e che potrebbe però attrarre moderati repubblicani annichiliti dalle bizze trumpiane.

 

I suoi alleati sono unanimi: Biden può battere Donald Trump. Sa parlare alla middle class senza i toni incendiari dell’attuale presidente, ma con la verve spontanea (e talvolta goffa) che serve per rispondere colpo su colpo a Trump, con quella qualità che Biden ha spiccatissima e che invece al presidente manca del tutto: la capacità di rassicurare. L’ex vicepresidente si offre come l’ultimo dei centristi in grado di curare i dolori dell’America, lui che ha vissuto dolori enormi – la prima moglie e la figlia piccola morte nel 1972 in un incidente stradale, il figlio morto nel 2015 – e che ha costruito la sua immagine di consolatore pragmatico a suon di giorni segnati sul calendario, ieri così così, oggi bene, domani andrà per forza meglio.

 

In una stagione di ferite e di divisioni e di polarizzazione estrema in cui chi non la pensa come te è un nemico da annientare, Biden è un anziano esperto ed empatico in grado di ricucire l’“American carnage”, o almeno così dicono i suoi amici e i suoi sostenitori che, secondo molti, sono per lo più nel circolo dei commentatori e del palazzo: l’ex vicepresidente piace all’establishment insomma, ma questo film lo abbiamo già visto nel 2016 e il lieto fine non c’è. Qualcuno dovrebbe scrivere un libro sull’insistenza con cui i democratici richiamano vecchi arnesi dalla pensione e perdono ogni volta, ha scritto il liberal Charles Pence su Esquire, mentre un ex outsider come Howard Dean, il dottore del Vermont che nel 2004 fu per un attimo la speranza dei dems, ha tuittato un discorso di Obama sulla necessità di “new blood” in politica commentando: non è che sta dicendo a Biden?

 

La candidatura dell’ex vicepresidente è vista da molti come un’esplosione: mostrerà quanto è diviso il Partito democratico, quanto poco è servita la sconfitta di Hillary, quanto la base non vuol più sentir parlare di moderati, di centrismo, di formule “né di destra né di sinistra” che al popolo più radicale suonano sempre e soltanto di destra. L’unico vecchietto che può appassionare – dicono i detrattori – è il solito Bernie Sanders, anche se persino lui pare già appassito, e se si cerca una rassicurazione che sia almeno donna (la Warren). Ma Biden risponde: dimostratemi che è così, che c’è qualcuno meglio di me, altrimenti fidatevi dell’ultimo centrista, della mia energia, della mia capacità di azzannare Trump dove più gli fa male, della mia tenacia, soprattutto, la tenacia di un sopravvissuto.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi