La volontaria repubblicana Jess Morgan, 69 anni, fa campagna per il suo partito. 19 ottobre 2018 a Shavertown, in Pennsylvania (foto LaPresse)

Perché alle elezioni bussare porta a porta funziona

Daniele Raineri

Va bene i social, ma l’America al suo voto di metà mandato ha scoperto i vantaggi di ritrovarsi faccia a faccia con gli elettori

New York. Abbiamo passato anni a raccontarci che le elezioni americane ormai si vincono soprattutto online, vedi per esempio le centinaia di migliaia di microdonazioni arrivate via internet a Barack Obama nel 2008 e i tweet seguitissimi di Donald Trump nel 2016 (e perché no, anche le violazioni delle mail da parte degli hacker russi sempre nel 2016) e invece a questo voto di metà mandato 2018 si parla molto delle campagne porta a porta fatte da volontari reali. E’ un’operazione che ha un verbo tutto suo: canvassing. Segui da vicino una qualsiasi sfida elettorale in qualsiasi luogo dell’America e riceverai subito da entrambe le parti – ma i democratici sono più veloci – un invito a fare canvassing. Canvassing domani pomeriggio. Canvassing sabato mattina. Canvassing in ogni dove. E se qualcuno ha bisogno di un passaggio per raggiungere il punto di partenza risponda alla mail oppure metta un commento qui sotto.

   

 

In parte questa urgenza è dovuta al fatto che bussare porta a porta funziona. Ci sono studi che dimostrano che è efficace, porta elettori e aiuta la mobilitazione. Attenzione, lo scopo finale del canvassing nella quasi totalità dei casi non è far cambiare idea politica al disgraziato che apre la porta, ma convincerlo a non restare a casa il giorno delle elezioni (attenzione numero due: internet è sempre fortissimo). Negli Stati Uniti c’è un grosso problema di affluenza alle urne, come se la maggioranza reale del paese fosse totalmente indifferente alla sfida politica tra repubblicani e democratici che occupa in modo militare tutti i giornali e le trasmissioni televisive. I partiti però, soprattutto quello democratico, sostengono che non sia un’indifferenza totale, sono convinti che là fuori ci siano milioni di potenziali elettori che sono d’accordo con le idee del proprio candidato e potrebbero persino mettergli un like su Facebook – e però poi fatalmente non si presentano in persona il giorno delle elezioni. Negli ultimi anni alle elezioni presidenziali la percentuale degli aventi diritto che ha votato è stata attorno al sessanta per cento. Nel 2016 circa centodieci milioni di persone che avrebbero potuto votare sono restate a casa. Alle elezioni di metà mandato la percentuale di votanti scende al quaranta per cento. Non ci vuole un esperto di strategia elettorale per vedere in questi numeri possibilità immense che potrebbero ribaltare qualsiasi rapporto di forza politico. Da qui, il canvassing. Se sei venuto a casa mia a farmi promettere che voterò, potrebbe essere che poi andrò a votare davvero. Il grosso delle conversazioni in molti casi non riguarda la politica in senso stretto, ma la logistica: signora, ha bisogno di essere accompagnata al seggio? 

    


John Lombardo (a sinistra), presidente dei giovani repubblicani in Pennsylvania (foto LaPresse)


  

Da un lato questo bisogno di prendere per mano gli elettori – specie quelli più giovani – nella democrazia più matura del mondo per convincerli a esercitare il diritto a votare è sconsolante, mentre in altri paesi chi vorrebbe un voto libero finisce preso a manganellate. Dall’altra c’è da dire che le procedure elettorali americane non invogliano la gente a presentarsi, a partire dalla necessità di registrarsi per finire con l’organizzazione ai seggi. Ieri a Brooklyn pioveva e c’erano code di almeno un’ora per entrare a votare – e non c’era nemmeno la pressione estrema come in altri posti d’America. In Texas, dove c’è il duello attesissimo tra il democratico Beto O’Rourke e il repubblicano Ted Cruz, la situazione doveva essere peggiore. E così anche in Georgia, dove la democratica Stacey Abrams tenta di diventare il primo governatore di colore a spese del trumpiano Brian Kemp.

   

Il canvassing serve anche a chi lo fa. In una nazione dove frequentare un meetup o una sezione di partito o vendere un giornale politico o fare gazebo per raccogliere firme suona anomalo, partecipare a una campagna porta a porta ogni due anni è il culmine dell’attivismo politico. Se non fai quello, non resta molto. Ci sono alcune regole elementari che sono ripetute a tutti i partecipanti: porta scarpe comode, mostrati sempre interessato a quello che dice l’interlocutore, non andare da solo, non entrare mai nelle case ma resta sulla soglia, non avere paura di dire “non lo so” e spiega con chiarezza perché lo stai facendo. Il suggerimento più importante è spiegare perché stai facendo canvassing e citare un motivo soltanto: sono qui perché penso che sia molto importante votare a favore della sanità pagata con soldi pubblici e non con i soldi dei singoli privati.

  

I volontari del canvassing hanno registri che li aiutano a identificare le case amiche e a evitare quelle ostili, perché come si è detto si tratta soprattutto di predicare ai già convertiti. La scorsa settimana un reportage dalla Georgia raccontava di un gruppo di quattro volontarie di colore che faceva attenzioni a segni “come la bandiera confederata davanti alla porta di casa” per capire quando era il momento di tirare dritto senza fermarsi, di sicuro una tattica saggia. Moltissimi usano alcune app per telefonini che indicano gli indirizzi dove fermarsi, quelli da saltare, quelli già fatti, quelli ancora da provare. L’uso delle app è stato il primo segnale che quest’anno il canvassing stava crescendo rispetto al passato e che stava diventando una tattica di massa. I creatori di una delle app più diffuse dai democratici, miniVAN, a settembre dicevano che il numero di chi la usa è quadruplicato rispetto alle elezioni 2016 e ancora mancavano quasi due mesi alla fine della campagna. Entrambi i partiti hanno siti aggiornati dove chiunque voglia offrirsi come volontario può andare a iscriversi per sapere dov’è il canvassing più vicino, oppure può prenotarsi per qualche ora dell’altra grande prova di attivismo politico: il phone banking, le chiamate telefoniche ai singoli elettori.

    

Una sottocategoria del canvassing è quella dei personaggi famosi: l’attrice Amy Schumer, la presentatrice tv Oprah Winfrey, l’ex vicepresidente Joe Biden e molti altri in queste settimane sono andati a bussare porta a porta, spesso con le telecamere al seguito. Sono video curiosi, ma c’è il sospetto che la ragione prima per cui il vero canvassing funziona è che si tratta di una conversazione da elettore normale a elettore normale. Tutto il resto assomiglia a una candid camera.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)