L'ex segretario alla Difesa James Mattis (Foto LaPresse)

Il segretario alla Difesa Mattis si è dimesso per i dissidi con Trump

Redazione

Il ritiro delle truppe americane dalla Siria e dall'Afganistan ha segnato la rottura definitiva

Il segretario alla Difesa americano, James Mattis, ha presentato le proprie dimissioni ieri, giovedì 20 dicembre, ventiquattro ore dopo che il presidente Donald Trump aveva annunciato la sua intenzione di ritirare le truppe dalla Siria. Ecco il testo della lettera che Mattis ha inviato al presidente:

   


 

Caro Presidente,

ho avuto il privilegio di servire il nostro paese come il ventiseiesimo Segretario alla Difesa. Un compito che mi ha permesso di lavorare al fianco dei nostri uomini e donne del Dipartimento nella difesa dei nostri cittadini e dei nostri ideali.

 

Sono orgoglioso dei progressi compiuti negli ultimi due anni su alcuni degli obiettivi chiave articolati nella nostra strategia di difesa nazionale: garantire una base finanziaria più solida al Dipartimento, migliorare la capacità di reazione e l'efficienza delle nostre forze armate, riformare le pratiche commerciali del Dipartimento per ottenere prestazioni migliori. Le nostre truppe continuano a garantire le competenze per avere la meglio nei conflitti e sostenere la forte influenza globale degli Stati Uniti.
 
 

Uno dei principi base che ho sempre sostenuto è che la nostra forza come nazione è inestricabilmente legata alla forza del nostro sistema di alleanze e partnership. Mentre gli Stati Uniti rimangono una nazione indispensabile nel mondo libero, non possiamo proteggere i nostri interessi o svolgere efficacemente questo ruolo senza mantenere forti alleanze e mostrare rispetto verso gli alleati. 

 

Come te, ho detto fin dall'inizio che le forze armate degli Stati Uniti non dovrebbero essere il poliziotto del mondo. Al contrario, dobbiamo usare tutti gli strumenti del potere americano per provvedere alla difesa comune, incluso l'obiettivo di fornire una guida efficace alle nostre alleanze. Le 29 democrazie della Nato hanno dimostrato questa forza nel loro impegno a combattere al nostro fianco dopo l'attacco dell'11 settembre. La coalizione di 74 nazioni per sconfiggere l'Isis ne è un'ulteriore prova.

 

Allo stesso modo credo che dobbiamo essere risoluti e privi di ambiguità nel nostro approccio verso quei paesi i cui interessi strategici sono sempre più in tensione con i nostri. È chiaro che la Cina e la Russia, ad esempio, vogliono plasmare un mondo coerente con il loro modello autoritario – ottenere il diritto di veto sulle decisioni economiche, diplomatiche e di sicurezza di altre nazioni – per promuovere i propri interessi a spese dei loro vicini, l'America e i nostri alleati. Ecco perché dobbiamo usare tutti gli strumenti del potere americano per provvedere alla difesa comune.

 

Le mie opinioni su come trattare gli alleati con rispetto e su come essere chiari nei confronti sia dei protagonisti malevoli sia dei concorrenti strategici, sono sostenute e nascono da oltre quattro decenni passati a occuparmi di questi temi. Dobbiamo fare tutto il possibile per portare avanti un ordine internazionale che sia il più favorevole per la nostra sicurezza, per la nostra prosperità e per i nostri valori. E in questo sforzo siamo sostenuti dai nostri alleati.

 

Poiché hai il diritto di avere un Segretario alla Difesa le cui opinioni siano più allineate con le tue su questi e altri argomenti, credo sia giusto che io rassegni le mie dimissioni. La data di fine del mio mandato è il 28 febbraio 2019, una data che dovrebbe consentire un tempo sufficiente per la nomina e la conferma di un successore, nonché per assicurare che gli interessi del Dipartimento siano adeguatamente articolati e difesi nei prossimi appuntamenti che includono le audizioni del Congresso e la riunione dei ministri della Difesa della Nato a febbraio. Inoltre, spero che una transizione completa verso un nuovo Segretario alla Difesa avverrà prima della transizione tra i capi di gabinetto a settembre per tutelare la stabilità del dipartimento. 

Mi sforzerò per assicurare una transizione graduale che tuteli gli interessi e i bisogni dei 2.15 milioni di persone che fanno parte delle forze armate e i 732.079 civili impiegati dal ministero della Difesa. Loro dovranno ricevere il sostegno del Dipartimento ad ogni momento per compiere la loro missione critica e fondamentale di protezione del popolo americano. Ho apprezzato molto l'opportunità di servire la nazione e i nostri uomini e donne in divisa.  

 


  

Le frizioni tra Donald Trump e James Mattis sui principali dossier della politica militare americana erano note e andavano dal medio oriente sino alla strategia per contenere Russia e Cina. L'ex segretario alla Difesa era contrario alla politica isolazionista del presidente e alle sue critiche feroci contro la Nato. Questa ostilità traspare dalla lettera di dimissioni di Mattis indirizzata a Trump: "Hai il diritto di avere un Segretario alla Difesa le cui opinioni siano più allineate con le tue". Il ritiro delle truppe americane dalla Siria e dall'Afghanistan imposto da Trump é stata la sua ultima divergenza con Mattis e i generali del Pentagono che avevano dato un parere contrario.

 

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Mattis non ha gradito il modus operandi del presidente, che ha comunicato la sua decisione via twitter, e non si è confrontato col Pentagono. Politico scrive che mercoledì scorso l'amministrazione ha comunicato alla stampa la decisione di ritirare le truppe dalla Siria. Fonti della Casa Bianca hanno attribuito la scelta al Pentagono, e fonti del Pentagono hanno detto il contrario. Questo ha creato un insolito cortocircuito mediatico che, secondo molti reporter, mostra l'assenza di una politica comune tra il presidente e la sua amministrazione. Mattis ha trascorso tutta la sua vita professionale nelle forze armate ed era conosciuto per la sua fermezza e per uno stile di vita monastico. Il suo nome in codice in Iraq era “Chaos”, i giornalisti lo chiamavano “Mad Dog Mattis” per la durezza. Inizialmente

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">Donald Trump aveva un grande reputazione tra i membri delle forze armate. Oltre a Mattis, anche il suo capo di gabinetto John Kelly – che lascerà l'incarico a fine anno – aveva un passato da generale dei marines. 

 

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