Angela Merkel (foto LaPresse)

Perché il prossimo cancelliere tedesco verrà dalla Vestfalia

Daniel Mosseri

Il decano dei politologi, Nils Diederich, ci spiega l’uscita di scena (a tappe) di Merkel, le lezioni storiche e i dettagli cui badare

Berlino. Con la rinuncia a guidare la Cdu, la cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha innestato un ulteriore elemento di novità nella prassi del campo moderato in Germania. “Il cancelliere e il presidente del partito di maggioranza sono la stessa persona”, almeno quando il partito è quello cristianodemocratico, ricorda al Foglio il decano dei politologi della Freie Universität Berlin, Nils Diederich. Lo sdoppiamento dei ruoli è più comune presso i socialdemocratici. Anche nel suo distacco a tappe dal potere, la cancelliera si è buttata un po’ a sinistra. Una sorte beffarda se si considera che molti attribuiscono proprio alla sua traiettoria centrista la causa della fine – non ancora avvenuta – del suo lungo regno. Perché in teoria Merkel può ancora governare lasciando ad altri la cura della Cdu. Il cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt, per esempio, non è mai riuscito a diventare presidente della Spd. Schmidt era il successore di Willy Brandt che lasciò la cancelleria nel 1974 mantenendo la carica di Vorsitzender (presidente) della Spd. Schmidt governò fino al 1982 con Brandt capo del partito e Herbert Wehner capogruppo al Bundestag. Wehner era un ex comunista molto diverso dagli altri due “eppure il triumvirato lavorò benissimo insieme, stemperando sempre la tensione”. Merkel deve dunque sperare in una “configurazione favorevole” della Cdu, sottolinea Diederich. Traduzione: dovrà favorire l’elezione di un Vorsitzender a lei non ostile. Per farlo, ha tempo fino al congresso della Cdu, il 7 dicembre ad Amburgo. A oggi, i candidati ufficiali sono la delfina della cancelliera e segretaria generale della Cdu, Annegret Kramp-Karrenbauer, l’ex capogruppo Friedrich Merz – uomo di punta nel partito prima dell’avvento della cancelliera – e il giovane ministro della Sanità Jens Spahn. “Credo che i candidati più forti siano Spahn e il nuovo capogruppo della Cdu, Ralph Brinkhaus”, dice Diederich.

 

Non è un caso che Spahn, Brinkhaus e Merz vengano dal Nord Reno-Vestfalia, il Land guidato da Armin Laschet. Nel 2017 il politico Cdu ha mandato a casa il governo rosso-verde e imbarcato i Liberali; ed è proprio a questo che punta la Cdu: un esecutivo moderato che recuperi voti a destra ma che sia disposto ad aprire ai Verdi (in forte crescita) se ve ne sarà bisogn. Lo conferma anche il recente mea culpa del leader liberale Christian Lindner, pentito di aver fatto fallire mesi fa la Jamaika Koalition. Se Merz e Spahn sono più a destra di Brinkhaus – Merz è visto come uomo di rottura con il cerchio magico merkeliano – nessuno dei candidati esprima una linea anti Ue, il che facilita l’intesa con gli ecologisti.

 

Bisogna anche capire quando (e non se) il nuovo Vorsitzender chiederà alla cancelliera di lasciare la guida del governo. “Il nuovo leader della Cdu potrà reclamare quella poltrona in qualsiasi momento. E’ per questo che la Cdu va a congresso: per scegliere chi la porterà a guidare il paese”. Al governo c’è anche l’Spd, “ma dubito che abbia la forza di aprire la crisi di governo: è “ohne Regenschirm im Regen”, sotto la pioggia senza ombrello. O sarà crisi entro una settimana oppure sarà la Cdu a condurre le danze verso il nuovo governo. Il primo appuntamento utile è previsto dal patto di coalizione: fra un anno i contraenti decideranno se proseguire con la Grande coalizione. Anche la storia spinge verso un nuovo cancelliere nella seconda metà della legislatura. “Nell’ottobre dell’82 Kohl strappò il governo a Schmidt con la sfiducia costruttiva. Si prese sei mesi di tempo: prima costruì un governo stabile poi si fece sfiduciare per andare al voto”, ricorda Diederich, che conclude: “Le elezioni si vincono meglio da cancelliere che da candidato semplice”.