Matteo Salvini durante un viaggio in Russia nel 2016 (foto LaPresse)

Salvini torna a Mosca ma non ha la forza per fare la svolta filorussa

Francesco Maselli

Il ministro dell’Interno a Confindustria Russia, mentre si cercano adesioni per la conferenza di Palermo sulla Libia (Lavrov?)

Roma. Oggi (17 ottobre ndr) il ministro dell’Interno Matteo Salvini sarà in Russia per partecipare a un’assemblea di Confindustria Russia. Sull’agenda di Salvini non figurano incontri istituzionali, anche se non sono da escludere contatti con Russia unita, il partito di Vladimir Putin. All’ordine del giorno uno dei temi forti della campagna elettorale della Lega, già anticipato lunedì dallo stesso Salvini, intervenuto all’assemblea di Confimi industria a Monza: “Torno per l’ennesima volta in Russia perché è in corso a livello europeo il dibattito se rinnovare a tempo indefinito le sanzioni economiche contro la Russia che ritenevo, e ritengo, un’assurdità sociale, culturale ed economica”. Secondo le informazioni del Foglio, il leader della Lega non si è coordinato con l’ambasciata italiana di Mosca, che non ha ricevuto alcuna richiesta da parte del ministro per organizzare il suo arrivo. Insomma, sembra che Salvini abbia preparato la sua visita più come leader della Lega che come componente di un governo che in questo momento risulta molto impegnato nella cura del rapporto bilaterale con la Russia. Le visite istituzionali italiane sono molte, come dimostra questo mese di ottobre. Oltre al viaggio di Salvini, la settimana scorsa è stato in Russia il ministro degli Esteri Enzo Moavero e la prossima settimana verrà il turno del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

 

Storicamente, l’Italia è stata capace di fungere da ponte tra Mosca, l’Europa e Washington, ma le forze politiche attualmente al governo hanno promesso una politica più schierata a favore di Mosca, come dimostra il dossier delle sanzioni europee alla Russia. L’Italia da tempo chiede di rivedere l’atteggiamento di Bruxelles e del blocco occidentale: “Per noi le sanzioni sono mezzo, non un fine”, spiega al Foglio una fonte diplomatica italiana, che si augura una linea più conciliante da parte degli alleati europei: “Bisogna evitare che le sanzioni vengano di fatto estese con un semplice tratto di penna, ciò che l’Italia ha ottenuto è di tenere un adeguato dibattito politico prima di prendere delle decisioni”.

 

Il ministro dell’Interno ha propositi più bellicosi, e al contrario ha minacciato più volte un veto italiano a un ulteriore rinnovo. L’impressione tuttavia è che il governo gialloverde non abbia la forza di aprire un altro fronte contro l’Europa, vista la difficoltà incontrata sui dossier economici; difficilmente dunque la riunione per le nuove sanzioni, prevista per dicembre, si trasformerà in un terreno di scontro. Impuntarsi per un cambiamento radicale dei rapporti con la Russia non è una priorità, le dichiarazioni molto amichevoli nei confronti del Cremlino restano tali, funzionali alla strategia di campagna elettorale permanente perseguita dai due vicepresidenti del Consiglio. Ma anche se per ora la svolta filorussa non si è concretizzata nei fatti, Mosca può ritenersi soddisfatta nel vedere che l’Italia sta diventando un fattore di destabilizzazione in Europa.

 

Il leader leghista, infine, vede di sicuro con favore le aperture di Mosca alla politica italiana in Libia, una priorità per la nostra diplomazia: “Abbiamo notato un vero cambiamento di politica da parte russa, che fino a un anno fa guardava con insistenza a Bengasi, al generale Haftar, mentre adesso ha capito che occorre un dialogo con tutte le parti in campo”, continua la nostra fonte diplomatica. Un endorsement alla posizione dell’Italia, che ha inoltre ottenuto la partecipazione della Russia alla conferenza di pace che si terrà a Palermo il prossimo 12 e 13 novembre. La Farnesina si aspetta una partecipazione “adeguata”, l’ideale sarebbe riuscire a fare incontrare Donald Trump e Vladimir Putin, ma anche una stretta di mano tra il ministro degli Esteri Sergei Lavrov e il segretario di stato americano Mike Pompeo sarebbe considerata un successo.

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