Il parlamento europeo (foto Imagoeconomica)

L'articolo 7 è davvero "l'opzione nucleare" contro Orbán?

Redazione

Cosa prevede e come si applica il sistema sanzionatorio dell'Ue approvato oggi dal Parlamento europeo

Il Parlamento europeo ha approvato la richiesta di attivare la procedura prevista dall'articolo 7 del Trattato dell'Ue contro l'Ungheria per avere violato alcuni dei diritti fondamentali dell'Unione. Il testo è stato approvato con 448 voti a favore, 197 contrari e 48 astenuti.

  

Qualcuno ha definito l’articolo 7 “l’opzione nucleare”, usando toni piuttosto apocalittici. Ma la possibilità concreta che si arrivi a sanzioni estremamente gravi è abbastanza remota.

   

L’articolo resta comunque – almeno in via teorica – la misura sanzionatoria più forte a disposizione dell’Ue nei confronti di uno stato membro e non è mai stato applicato fino a oggi. Lo scorso dicembre, la Commissione Ue ha avviato un’altra procedura prevista dall’articolo 7 nei confronti della Polonia. Pochi mesi dopo, l’Europarlamento ha votato a favore dell’attivazione delle misure sanzionatorie.

 

 

Come funziona l’articolo 7

L’articolo 7 è stato introdotto per la prima volta nel Trattato di Amsterdam del 1999. All’epoca si cominciava a parlare di un allargamento dell’Ue ai paesi dell’Europa dell’est, dove si temeva che alcuni dei princìpi democratici essenziali per l’adesione e la permanenza nel blocco potessero essere violati. Libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e dello stato di diritto sono i valori inviolabili di tutti i paesi membri.

 

L’articolo è rimasto fino al Trattato di Lisbona e prevede due procedure diverse. Una (articolo 7.1) per le misure preventive, se c’è un chiaro rischio di violazione dei valori dell’Ue, e prevede un avvertimento formale rivolto a qualunque stato che violi uno dei princìpi fondamentali dell’Ue. Un’altra (articolo 7.2) è per le sanzioni, se la violazione è avvenuta. Tra queste sanzioni rientra la sospensione dei diritti derivanti dall’adesione all’Unione, compresa la revoca temporanea del diritto di voto del paese membro in seno al Consiglio europeo (che riunisce i capi di stato e di governo) e al Consiglio dell’Ue (che riunisce i ministri competenti per ciascuna materia). Però, per l’attivazione delle sanzioni previste dall’articolo 7.2 il voto del Consiglio europeo deve essere espresso all’unanimità. Data la rete di alleanze del governo di Budapest con gli altri stati del blocco di Visegrad, quest’ipotesi è altamente improbabile.

 

Nel caso dell’Ungheria il Parlamento ha votato per l’attivazione dell’articolo 7.1. Per questa procedura – finora mai avviata dall’Europarlamento – la maggioranza richiesta è quella assoluta di tutti gli eurodeputati (50%+1) e almeno 2/3 dei voti. Ma questa è solo la prima fase. Dopo il voto favorevole di oggi, la questione passerà ora al vaglio del Consiglio europeo che dovrà votare con una maggioranza dei 4/5 dei paesi membri confermando che esiste “un chiaro rischio di una seria violazione”.

 

Il voto favorevole all’attivazione dell’articolo 7 è un fatto notevole da un punto di vista politico e rappresenta un grave colpo per il governo di Viktor Orbán. Ma sull’effettiva applicazione di sanzioni concrete, la strada dell’Ue sembra essere molto più complessa.

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