Juncker va in America per salvare il salvabile dalla trade war

Il presidente della Commissione europea incontra Donald Trump a Washington. Il danno peggiore che vuole limitare è quello al settore dell’auto

Roma. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, si sono incontrati a Washington per porre le basi di un negoziato che preservi le relazioni transatlantiche dalla guerra commerciale. Né l’Europa né l’Amministrazione hanno grandi aspettative per l’incontro. Poco prima dell’arrivo di Juncker, Trump ha twittato dapprima una lode ai dazi (“Le tariffe sono il meglio! I paesi che hanno trattato gli Stati Uniti in maniera ingiusta nel commercio o negoziano un accordo ragionevole oppure saranno colpiti dalle tariffe”) e poi una proposta specifica per l’Ue che aveva il sapore di una minaccia: “Ho un’idea per loro. Sia gli Usa sia l’Ue eliminino tutte le tariffe, le barriere e i sussidi! Solo così potremo parlare di free market e fair trade! Spero che lo facciano, noi siamo pronti – ma non succederà!”.

 

Dall’altro canto Cecilia Malmström, commissario europeo al Commercio che accompagna Juncker, poche ore prima della partenza ha detto a un giornale svedese che se la guerra commerciale tra America ed Europa dovesse andare avanti l’Ue ha già pronti 20 miliardi di dollari di nuove sanzioni. Durante la stretta di mano alla Casa Bianca Trump ha detto che “nel corso degli anni, gli Stati Uniti hanno perso centinaia di miliardi di dollari” nel commercio con l’Europa, e ha detto che “speriamo di ottenere un accordo giusto”.

 

Juncker, serissimo, ha dovuto ribadire che “siamo alleati, non nemici”, dopo che soltanto pochi giorni prima Trump aveva annoverato l’Ue tra i nemici dell’America in campo commerciale. E tuttavia, il fatto stesso che Juncker e Trump siano pronti a incontrarsi è un segnale di distensione, almeno da parte europea. Bruxelles aveva giurato che non avrebbe aperto negoziati con Washington finché le sanzioni su acciaio e alluminio fossero rimaste attive, e il viaggio di Juncker smentisce questa promessa, nonostante i dinieghi dei diplomatici europei. Juncker sa che evitare la trade war è un obiettivo irrealistico: l’Amministrazione sembra desiderare lo scontro commerciale per se, e perfino gli esperti negoziatori cinesi hanno abbandonato il tavolo sconfortati non tanto perché è difficile trovare un accordo, quanto perché Trump non ha ancora detto per davvero che cosa vuole da questa guerra commerciale: non puoi nemmeno cominciare a fare concessioni se non sai con precisione che cosa vuole il suo avversario.

 

Così, la strategia migliore sembra per ora quella di limitare i danni – correggere, appunto, senza risolvere. Il danno peggiore che Juncker vuole limitare è quello al settore dell’auto. Trump ha già avviato la procedura d’indagine per applicare dazi del 25 per cento alle importazioni di automobili europee, ha fatto in privato commenti cruenti su liberare le strade di New York da tutte le Mercedes, e in pubblico accenna di continuo alla questione – da ultimo martedì durante un discorso nel Missouri. La situazione tuttavia è complessa: l’Europa impone di media un 10 per cento di dazi sulle importazioni di automobili, ma se facesse cadere queste tariffe (non sarebbe un grosso problema, i cittadini europei non hanno particolari preferenze per le auto americane) secondo le regole del Wto dovrebbe fare lo stesso con tutti i paesi con cui commercia, togliendo ogni barriera alle ben più temibili auto coreane e giapponesi.

 

Per questo, Juncker vuole proporre un accordo sull’auto che comprenda tutti, anche i paesi asiatici – il classico deal multilaterale e complesso che infastidisce Trump al solo pensarci. Anche Washington, tuttavia, è in quest’ottica di correzione: l’annuncio che il governo stanzierà 12 miliardi di dollari per sussidiare gli agricoltori americani colpiti dalle sanzioni di Cina e Ue è un segnale del fatto che gli scossoni della trade war si stanno facendo sentire sull’economia – ma è segno anche che l’Amministrazione si sta preparando a un conflitto commerciale prolungato, e cerca di prevenire i danni. I negoziatori europei arrivano a Washington consapevoli di questa realtà: la guerra commerciale è quasi impossibile da fermare, tutto ciò che si può fare è cercare di farsi colpire dove fa meno male.