Il 7 luglio 2017, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente russo Vladimir Putin si incontrano a margine del vertice del G20 ad Amburgo (LaPresse)

Prima Nato e poi Putin, così Trump farà paura al blocco occidentale

Daniele Raineri

Il presidente americano da solo con quello russo potrebbe farsi abbindolare, come è successo con Kim 

Roma. Nei prossimi cinque giorni ci sono due appuntamenti che riguardano molto da vicino la struttura e l’identità del blocco occidentale, vale a dire di quell’insieme di paesi europei più l’America che si contrappone – più o meno – alla Russia. Oggi e domani a Bruxelles c’è il vertice della Nato, a cui partecipa anche il presidente americano Donald Trump. Lunedì Trump vedrà il presidente russo, Vladimir Putin, in un incontro faccia a faccia e senza nessun altro presente a Helsinki, in Finlandia.

  

Molte fonti della Nato in questi giorni fanno dichiarazioni ansiose perché temono che Trump porterà scompiglio come già fece durante il G7 e batterà molto sul tema dei soldi che fanno andare avanti l’Alleanza atlantica. Il presidente pensa che l’America paghi troppo e che l’Europa paghi troppo poco, e che per questo può permettersi una politica sociale molto generosa con i suoi cittadini. In particolare Trump ha in mente la Germania di Angela Merkel, che è diventata la leader simbolo dell’opposizione europea alla sua Amministrazione. “Putin potrebbe essere l’appuntamento più facile”, ha detto Trump. I paesi Nato, che si stanno adeguando alla richiesta di denaro ma non così rapidamente come chiede l’americano, vorrebbero invece che il vertice fosse uno show di solidarietà politica in tempi di crisi molto incerte e molto tese. Ieri per esempio il governo inglese ha accusato la Russia della morte di una cittadina britannica che potrebbe essere venuta a contatto in modo accidentale con residui di un’arma chimica usata per colpire un disertore dell’intelligence russa all’inizio di marzo, a sud di Londra. Molti governi Nato temono che la Russia abbia un piano a lungo termine per seminare divisioni politiche in Europa e cercano compattezza.

   

Alcuni osservatori sono molto pessimisti a proposito della partecipazione di Trump, tuttavia c’è da considerare che il suo consigliere per la Sicurezza nazionale, John Bolton, s’è speso molto nell’organizzazione e non vuole – per ragioni pragmatiche – che l’Alleanza cessi di funzionare. Anche per l’Amministrazione Trump che segue la dottrina dell’America First la Nato è una struttura preziosa, e si capisce perché il 26 giugno Bolton a colloquio con il ministro della Difesa italiano, Elisabetta Trenta, abbia rassicurato e si sia fatto dare rassicurazioni: si continua come prima, questa è la linea (per esempio: ai droni americani viene comodo usare la base aerea di Sigonella, in Sicilia, per sorvolare la Libia e il Mediterraneo orientale).

    

Dopo Bruxelles, Trump vedrà Putin e anche in questo caso c’è preoccupazione. L’ultima volta che il presidente americano ha tentato un negoziato diretto è stato con Kim Jong-un, il dittatore della Corea del nord, e ne è emerso annunciando la fine del rischio di una guerra nucleare e la fine delle esercitazioni americane con la Corea del sud. Sono entrambi due annunci molto prematuri, considerato che i negoziati con Kim per ora non hanno portato alcun risultato concreto a dispetto delle sparate trumpiane. Trump in questi mesi è apparso molto conciliante con la Russia. Al G7 ne ha chiesto la riammissione, poi ha detto che la Crimea potrebbe restare alla Russia perché “lì parlano russo” e infine alla domanda “toglierà le sanzioni?” ha risposto: “Vedremo”. Tutta la linea occidentale per trattare con la Russia – che vorrebbe essere intransigente e concreta, senza peraltro riuscirci – rischia di svanire se l’America, che è il pilastro portante, cambierà idea. Ieri un articolo pubblicato dal New Yorker ha spiegato che gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita e Israele (tre stati accomunati dal timore per l’ascesa dell’Iran) hanno tentato in tempi diversi di proporre a Trump un deal con la Russia che funzionerebbe, schematicamente, così: Washington rinuncia alle sanzioni contro la Russia per la questione Ucraina – dove i russi alimentano la guerriglia separatista a sud-est – e in cambio Mosca convince l’Iran a lasciare la Siria. Che Trump e Putin ne parlino è certo, che sia una strada praticabile è molto meno sicuro.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)