Un manifestante palestinese nella Striscia di Gaza (foto LaPresse)

C'è la regia del generale iraniano Suleimani nell'escalation a Gaza

Daniele Raineri

L'uomo di Teheran per le operazioni speciali all'estero, dall'Iraq al Libano, ora si occupa della campagna di Hamas contro Israele

Roma. Lunedì scorso il generale iraniano Qassem Suleimani, regista delle operazioni in medio oriente – dall’Iraq alla Siria al Libano e altrove –, ha telefonato ai comandanti delle forze palestinesi più forti nella Striscia di Gaza per assicurare l’appoggio dell’Iran in caso di escalation contro Israele. Suleimani ha parlato con Marwan Issa, capo delle brigate Ezzedin al Qassam, braccio militare di Hamas, e con il capo delle Brigate Gerusalemme appartenenti al gruppo Jihad islamico. Queste telefonate di Suleimani sono state annunciate dai media iraniani e la notizia ha un valore simbolico molto potente. Il generale ha uno status leggendario nel mondo sciita, accresciuto negli ultimi anni grazie alla sua presenza ubiqua sui campi di battaglia in Iraq e in Siria, e quindi il suo endorsement ai lanci di razzi da Gaza equivale a investire pubblicamente il suo prestigio nelle operazioni mentre è ancora fresco delle campagne vittoriose contro lo Stato islamico. Nella settimana successiva all’annuncio americano dello spostamento dell’ambasciata a Gerusalemme i gruppi di Gaza hanno sparato 24 razzi verso Israele, ma 11 sono caduti in territorio palestinese e questa imprecisione fa sospettare che i lanci non siano di Hamas, ma di fazioni salafite minori a cui ora Hamas concede di avvicinarsi ai reticolati della Striscia. Di solito Hamas controlla i confini per evitare attacchi non autorizzati che provocano l’inevitabile bombardamento di risposta da parte dei jet israeliani, ma adesso si è ritirata.

 

Le fazioni salafite di Gaza sono sunnite e in alcuni casi legate allo Stato islamico – basti pensare alla brigata Omar Hadid, che prende il nome dal capo iracheno dello Stato islamico nella città di Fallujah durante la battaglia contro gli americani nel 2004. C’è dell’ironia nel vederle sparare razzi contro Israele in accordo con l’Iran sciita (che lo Stato islamico odia) seppure per intercessione di Hamas, altro gruppo sunnita. Ma non è che una conferma del fatto che c’è molta flessibilità quando si tratta di infliggere danni a Israele. Negli anni scorsi Hamas aveva rotto con l’Iran e si era schierata con i sunniti della rivoluzione siriana in lotta contro il presidente Bashar el Assad. I tunnel che i ribelli siriani usavano per piazzare esplosivo sotto le basi degli assadisti sono stati scavati grazie al know-how portato dagli uomini di Hamas, che sono diventati espertissimi della materia costruendo centinaia di tunnel sotto il confine egiziano per far passare beni di contrabbando. Assad aveva cacciato i vertici di Hamas da Damasco, dove per anni avevano goduto di ospitalità. Ma nel marzo dell’anno scorso a Teheran il generale Suleimani aveva ricucito le relazioni grazie a un incontro riservato con tre leader del gruppo palestinese. Il giorno dopo le sue telefonate , il presidente iraniano Hassan Rohani ha chiamato il capo di Hamas Ismail Haniyeh. Lunedì il capo di stato maggiore dell’Iran, Mohamed Hussein Baqari, ha detto di sperare nello scoppio di un’intifada palestinese.

 

Ora l’alleanza con l’Iran funziona di nuovo bene, a dispetto della divisione tra sunniti e sciiti. Del resto era stato lo stesso eclettico generale Suleimani (sciita) a offrire asilo agli uomini di al Qaida (sunniti) in fuga dall’Afghanistan dopo l’intervento americano nell’ottobre 2001: coltivare risorse per impiegarle in piani a lungo termine è una sua specialità. Il piano in questo caso è l’harassment militare di Israele dal confine sud, con una escalation di violenza. Oltre ai razzi, ieri ci sono stati scontri ai checkpoint israeliani e proteste di massa (con gigantografie di Suleimani) – l’esercito ha ucciso quattro palestinesi e ne ha feriti centosessanta.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)