Mark Zuckerberg (fotoLaPresse)

Così Facebook ha dato un aiutino alla campagna elettorale di Trump

Micol Flammini

Il social network ha ricevuto 100.000 dollari da account russi per promuovere contenuti durante la campagna elettorale del presidente

Si è aperto un nuovo capitolo del Russiagate, con la notizia degli spazi pubblicitari politici venduti da Facebook a una società russa. Lo stesso social network ha confermato di avere ricevuto almeno 100.000 dollari di spese pubblicitarie provenienti da account falsi e probabilmente russi. Da giugno 2015, dopo la candidatura di Donald Trump, a maggio 2017, i 470 account in questione hanno pubblicato messaggi che non facevano esplicito riferimento al voto ma promuovevano contenuti che erano oggetto della campagna elettorale sia di Trump sia della rivale democratica Hillary Clinton. I messaggi sponsorizzati hanno raggiunto un pubblico molto vasto facendo propaganda alle idee rappresentate dall’attuale presidente: omofobia, diritto di girare armati, paura degli immigrati e discriminazione razziale.

 

Gli spazi pubblicitari, più di 3.000, sarebbero stati acquistati da troll farm russe – delle organizzazioni che hanno l'obiettivo di influenza l'opinione degli utenti online – che sono riconducibili alla Internet Research Agency di San Pietroburgo, la misteriosa agenzia di comunicazione già nota per avere fatto campagna elettorale a favore del Cremlino. La vera questione ora, per gli investigatori americani, sta nel capire se i troll russi abbiano agito su commissione o meno.

 

Una delle ipotesi al vaglio è che dietro agli account ritrovati da Facebook potrebbe esserci la volontà di politici americani di usare il social network per rendere più efficace la campagna elettorale di Trump. La denuncia di Facebook si aggiunge alle tre indagini sul Russiagate (una alla Camera, una al Senato e la terza quella che riguarda il procuratore speciale Robert Mueller) e riapre il tema delicato dell’elezione di Trump e dei metodi utilizzati in una delle campagne elettorali più controverse della storia degli Stati Uniti. Nelle prime settimane dopo il voto, Mark Zuckerberg aveva escluso che i social, soprattutto il suo, potessero avere avuto un ruolo nella diffusione di messaggi per screditare Hillary Clinton, ma le analisi sui contenuti girati in quel periodo su Facebook hanno contraddetto il ceo, costringendolo a promettere nuove misure per ridurre la circolazione di notizie false. Ma nei mesi dopo le elezioni, molti analisti hanno comunque definito ambiguo il comportamento di Facebook, che da un lato ha minimizzato la diffusione delle fake news e dall’altro ha collaborato con gli inquirenti.

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