Papa Francesco incontra il presidente boliviano Evo Morales in Vaticano (foto LaPresse)

Perché la sinistra sudamericana in crisi adesso fa il tifo per il Papa

Maurizio Stefanini
Quel che resta del “ciclo di sinistra” latinoamericano punta su Francesco come nuovo leader politico e ideologico, dopo il naufragio del chavismo e del lulismo. Il senso del pellegrinaggio di Evo Morales e Rafael Correa in Vaticano.

Roma. E’ Francesco il “Papa straniero” su cui quel che resta del “ciclo di sinistra” latinoamericano punta come nuovo leader politico e ideologico, dopo il naufragio del chavismo e del lulismo. E’ questo il senso profondo del pellegrinaggio di Evo Morales e Rafael Correa in Vaticano nei giorni scorsi dove, assieme al candidato democratico americano Bernie Sanders, sono stati invitati dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali al convegno sui 25 anni dalla pubblicazione dell’enciclica di Giovanni Paolo II Centesimus Annus. L’appuntamento era venerdì scorso, in concomitanza con il dibattito alla Camera dei Deputati brasiliana che domenica ha poi portato alla messa in atto di accusa della presidentessa Dilma Rousseff di fronte al Senato. La domenica precedente si era registrato il disastro elettorale della sinistra peruviana esclusa dal ballottaggio tra il centrista Pedro Pablo Kuczynski, e la destra di Keiko Fuijimori: quarta sconfitta di fila della sinistra latinoamericana dopo la vittoria di Macri alle elezioni argentine, la vittoria dell’opposizione alle politiche in Venezuela e la vittoria del No al referendum costituzionale con cui Evo Morales aveva cercato di assicurarsi una possibilità di rielezione. Martedì era anche partito formalmente un procedimento penale contro Cristina Kirchner. Il quadro del disastro è completato dalla presidentessa cilena Michelle Bachelet, a sua volta incappata nello scandalo nel nueragate per gli affari della moglie di suo figlio; e da un Frente Amplio uruguayano che appare sempre più spaccato tra la linea pragmatica del presidente Tabaré Vázquez e quella del suo predecessore Pepe Mujica, che dopo aver lasciato la presidenza ha abbandonato l’immagine del saggio per ridiventare estremista.

 

Al di là delle ipocrisie di una maggioranza di deputati inquisiti che scaglia la prima pietra su Dilma e dell’aspetto inquietante di una rivoluzione giudiziaria che sembra prendere il peggio della Mani Pulite italiana, il voltafaccia del vicepresidente Temer dimostra che è andata completamente in pezzi quella strategia delle ampie alleanze con il centro e con la destra che era stata al cuore del “patto dei produttori” lulista. E infatti le organizzazioni sociali che Lula aveva emarginato e che ora scendono in piazza in difesa di Dilma a colpi di occupazioni, manifestazioni e scioperi, annunciano che in risposta alla strategia della criminalizzazione il Pt si radicalizza in senso chavista. Ma il chavismo, l’altro grande modello di questo ciclo di sinistra latino-americana ora agli sgoccioli, è a sua volta divenuto improponibile, nel momento in cui il crollo dei prezzi del petrolio non lascia più al populismo niente da ridistribuire.

 


Dilma Rousseff, presidente del Brasile


 

Populisti più pragmatici dello stesso Hugo Chávez, Correa e Morales appaiono in questo momento gli ultimi leader della sinistra latinoamericana di governo con spazio di manovra. Correa malgrado la recente crisi economica e il terremoto ha ancora il prestigio intellettuale del Chicago Boy di sinistra; Morales malgrado la sconfitta al referendum ha ancora il carisma dell’indio presidente. Ma entrambi non hanno la statura dei leader regionali. Partecipando all’evento con Sanders, Correa e Morales hanno proposto anche un inedito asse con la sinistra radicale statunitense. Morales facendosi ricevere dal Papa e regalandogli coca subito dopo che la Conferenza episcopale boliviana lo aveva accusato di “far penetrare il narcotraffico nella struttura dello stato”, ha pure registrato un successo personale contro quei “gerarchi della chiesa cattolica” a cui di ritorno da Roma ha consigliato di “fare apertamente un partito pro capitalista e pro imperialista”.

 

Soprattutto, però, Morales ha ricordato l’elogio di Francesco per la sua politica. “Il Papa è contento di quello che abbiamo fatto nel paese. Quel che non è stato fatto in 180 anni, lo abbiamo fatto in 10 anni”. “Stai sempre col popolo”, gli avrebbe anche detto. E’ l’evidente inizio della costruzione di un nuovo mito destinato a prendere il posto di quelli dell’erede di Bolívar venezulano e del presidente operaio brasiliano.

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