Jean-Yves Le Drian (foto LaPresse)

Jean-Yves Le Drian, il "guerriero" di Hollande che ora guarda alla Libia

Mauro Zanon
Ritratto del ministro della Difesa francese che ha già accumulato tanti successi. E che, secondo il Figaro, vuole sradicare le metastasi dello Stato islamico dal paese nordafricano.

Parigi. È l’uomo che ha convertito la “gauche molle” di Hollande ai temi della Difesa e della Sicurezza, è il “guerriero” dell’esecutivo socialista e colui che ora spinge per un intervento militare francese in Libia, per contenere l’avanzata jihadista. Jean-Yves Le Drian è l’uomo forte del governo guidato da Manuel Valls, il ministro della Difesa in prima linea su tutti i fronti, dalle operazioni militari in Iraq a quelle in Mali, dalle spese militari, alla vendita in successione dei caccia Rafale alle grandi potenze mediorientali (il Figaro, non a caso, lo ha chiamato il “pellegrino del Golfo”), e soprattutto il solo a non aver creato problemi a Hollande in questi tre anni e mezzo di mandato. Nei salotti del Tout-Paris e nei corridoi dei ministeri si sentono solo parole d’encomio nei suoi confronti, fatta eccezione per il Quai d’Orsay, sede degli Esteri, dove il ministro, Laurent Fabius, nasconde a fatica il suo fastidio per il grande dinamismo di Le Drian. Per il parlamentare socialista Eduardo Rihan Cypel, Le Drian “è il miglior ministro della Difesa della Quinta Repubblica”, la sua esperienza ventennale in seno alla commissione Difesa, da deputato di Morbihan, lo ha preparato al meglio al ruolo di futuro ministro, e la sua profonda conoscenza in materia militare e di Difesa hanno impressionato anche Sarkozy che per ben tre volte provò, invano, a nominarlo capo dell’Esercito. I beninformati, qui a Parigi, dicono che il presidente Hollande aveva fatto il suo nome prima di scegliere Valls a Matignon in sostituzione del poco carismatico Jean-Marc Ayrault. Le Drian, amico di lunga data del presidente socialista, avrebbe risposto “non merci mon ami”, ma il rifiuto cortese non ha comunque impedito ai più di soprannominarlo “le viceprésident”, per sottolineare la sua grande influenza nelle scelte dell’Eliseo.

 

Dandogli in gestione il dicastero della Difesa, Hollande sapeva di poter contare su un amico fedele. Sapeva che affidargli le chiavi del superministero, al quale oggi sono riservate le principali attenzioni, gli avrebbe procurato soltanto soddisfazioni. E infatti dal suo approdo alla Difesa, Le Drian ha collezionato soltanto successi nelle operazioni all’estero: ha organizzato e ottenuto il ritiro della Francia dall’Afghanistan; ha convinto il presidente Hollande andare in guerra in Mali nel quadro dell’operazione Serval per contrastare l’offensiva jihadista; ha imposto l’invio di altri duemila uomini nella Repubblica centrafricana per scongiurare il caos nel paese; ha rafforzato lo schieramento francese nel Sahel, a sud della Libia, per tamponare l’avanzata dei miliziani affiliati allo Stato islamico. Ciò senza dimenticare le prese di posizione muscolari sul fronte interno. Perché se è vero, come dicono tutti, che Le Drian è un bretone doc, discreto, grande lavoratore, “taiseux et faiseux”, che parla poco ma fa molto, è vero anche che quando Hollande ha abbozzato l’idea di tagliare il budget della Difesa non ha esitato a battere i pugni sul tavolo, arrivando addirittura a minacciare le dimissioni. La sforbiciata alle spese militari non c’è stata e anzi, accanto ai contratti faraonici stipulati con Egitto, Qatar e Arabia Saudita per la vendita di Rafale, fregate e armamenti, Le Drian ha ottenuto un aumento del budget militare di 3,8 miliardi, sbloccati in estate nel quadro della Loi de programmation militaire (Lpm).

 

[**Video_box_2**]Da due mesi, Le Drian ha anche una nuovo ministero, ribattezzato il “Pentagono à la française” per l’imponenza della struttura, che si estende su 13,5 ettari nel sud-est di Parigi e racchiude i dodici uffici della Difesa che finora erano sparsi nella capitale francese e in periferia, tra cui lo Stato maggiore delle forze armate (Cema), dell’Esercito, della Marina e dell’Aviazione e la Direzione generale degli armamenti (Dga). Dal suo nuovo quartier generale di Balard, nel Quindicesimo arrondissement, Le Drian orchesterà entro i prossimi sei mesi, come riportato dal Figaro, un’azione militare per sradicare lo Stato islamico e “le sue metastasi libiche”. Come evidenziato dall’Opinion in un pezzo molto informato, il ministro della Difesa, dal settembre 2014, non ha mai smesso di allertare l’esecutivo sulla degradazione della situazione in Libia, invocando a bassa voce l’urgenza di attacchi aerei e di operazioni terrestri con forze speciali nel quadro di un accordo politico e diplomatico di respiro internazionale. Ma ora anche il ministero degli Esteri, che fino a oggi cercava di contenere gli ardori guerrieri di Le Drian, sembra essere meno reticente a proposito di un’operazione in Libia. In attesa degli sviluppi sul dossier libico, Le Drian deve far fronte alle accuse provenienti da una parte del suo schieramento politico, che non gli perdonano il doppio ruolo di ministro della Difesa e presidente della Regione Bretagna (dove ha stravinto, due settimane fa, davanti al candidato dei Républicains). Libération gli dà del “cumulard de luxe”, la destra neogollista attacca l’ennesima incongruenza di Hollande che ha fatto campagna contro il cumulo dei mandati, mentre l’ala giacobina del Ps invoca addirittura le sue dimissioni.