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Perché il Venezuela preoccupa Cuba a tal punto da discuterne con l'America

Maurizio Stefanini
Discussioni, report e preoccupazioni. Come mai il regime di Maduro è diventato un tema di dibattito tra i due ex grandi nemici. Parla il consigliere di Kerry per l’America Latina e ex-sottosegretario per l’Emisfero Occidentale Thomas Shannon.

Anche il futuro del disastrato Venezuela è oggetto di quei negoziati in corso tra Stati Uniti e Cuba, il cui ultimo esito è stato la riapertura delle rispettive ambasciate? La notizia, circolata nella stampa sudamericana a fine giugno, è stata smentita dall’ex-ambasciatore statunitense in Venezuela Patrick Duddy, ma sul tema il Foglio ha girato la domanda anche al consigliere di Kerry per l’America Latina e ex-sottosegretario per l’Emisfero Occidentale Thomas Shannon, nel corso di un incontro che si è tenuto a Roma a cura dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, dell’Istituto Italo-latinoamericano e di Almanacco latinoamericano. E quel che Shannon ha risposto lascia intuire che di quel che può succedere a Caracas i rappresentanti di Usa e Cuba dovrebbero aver parlato. “Abbiamo parlato con Cuba di una serie di Paesi, ma il Venezuela è un tema nel quale siamo impegnati a costruire un nuovo dialogo. Un processo molto complicato ma importante, in cui ogni aiuto che potessimo ottenere da altri Paesi sarebbe benvenuto”.

 

Proprio Shannon è stato mandato in Venezuela dopo la crisi seguita all’ordine esecutivo con cui il 9 marzo Obama sottoponeva vari esponenti del governo di Caracas a sanzioni per via del “rischio straordinario” che quel Paese avrebbe rappresentato per l’America. “Quell’ordine esecutivo è stato il frutto di una legge approvata dal nostro Congresso per acclamazione, sia al Senato che alla Camera”, ha spiegato Shannon a Roma, “con una maggioranza talmente grande che non c’era bisogno di contare i voti. Era una dimostrazione della preoccupazione nel Congresso sul tema dei diritti umani in Venezuela. Lo stato sudamericano ha risposto a noi mettendola sul piano della sicurezza nazionale e guadagnando così nella regione una serie di appoggi, specialmente nelle organizzazioni sovraregionali, come Mercosur, Celac, Unasur, Osa. Anche in Venezuela c’è stata una mobilitazione, con il governo che ha raccolto milioni di firme”. A quel punto il Deputy National Security Adviser for Strategic Communication di Obama, Ben Rhodes, ha aggiustato il tiro, spiegando che il Venezuela non rappresenta certamente una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ma che il linguaggio esprimeva la preoccupazione per la situazione al suo interno. Racconta ancora Shannon: “Il presidente del Venezuela Nicolás Maduro si è messo in comunicazione con noi per aprire un canale di dialogo. Ad aprile sono andato in Venezuela, ho ottenuto che al Vertice di Panama Obama e Maduro si parlassero, e i due leader hanno deciso di iniziare un processo di dialogo”.

 

Shannon è un convinto sostenitore di un approccio che punti a individuare aree di possibile cooperazione, e  spiega di aver “identificato il processo di pace in Colombia e il processo elettorale in Haiti come aree in cui abbiamo sufficienti interessi in comune per lavorare assieme”. “La sfida in termini diplomatici è significativa, per la situazione all’interno del Venezuela e per l’avvicinarsi delle elezioni. Intendiamo offrire il  nostro aiuto affinché queste possano svolgersi in un clima sereno, nel quale tutti i venezuelani possano avere fiducia nei risultati. C’è ancora molto da fare. Sarà questo un test di dialogo”.

 

A dimostrazione delle preoccupazioni di Washington, il 10 luglio l’Istituto di Studi Strategici dello U.S. Army War College ha pubblicato uno studio nel quale apre alla possibilità che, per le crescenti difficoltà economiche e di ordine pubblico, il regime di Maduro possa essere vittima di un colpo di Stato. Da una parte, infatti, c’è il sospetto che gli alti gradi militari siano ormai troppo coinvolti nel narcotraffico per accettare di perdere il potere, dall’altro, l’opposizione appare troppo debole per poter costituire un’alternativa credibile. “Il governo sta restando rapidamente senza denaro”, avverte lo studio.

 

[**Video_box_2**]La preoccupazione di Cuba per quanto sta succedendo a Caracas, tanto da collaborare ufficiosamente con gli Stati Uniti per evitare una catastrofe, è suggerita da un rapporto pubblicato dalla rivista economica di Miami Cuba Standard secondo il quale la dipendenza economica di Cuba dal Venezuela si starebbe riducendo drasticamente. “Come proporzione del Pil misurato a prezzi costanti si stima che l’intercambio commerciale si è ridotto del 5 per cento, dal 20,4 al 15,4 per cento. La riduzione della dipendenza dal Venezuela anche sui riflette nel conto delle partite correnti in merci, che è passato da -4,7 nel 2012 al -2,6 nel 2014”.

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