Il segretario americano John Kerry all'Avana per la cerimonia della riapertura dell'ambasciata a Cuba (foto LaPresse)

Il disgelo cubano continua. E gli arresti degli oppositori al regime anche

Maurizio Stefanini
Non appena Kerry ha fatto ritorno a Washington dopo la cerimonia dell'alzabandiera all'Avana, solo nel weekend ci sono stati altri 139 dissidenti incarcerati sull'isola. L'imbarazzo degli Stati Uniti

L’alzabandiera dell’Avana, alla presenza di John Kerry non ha risolto il problema della libertà e della democrazia a Cuba. Storico, indubbiamente, il viaggio del segretario di stato nell’isola, e storica la riapertura dell’ambasciata. Ma gli oppositori continuano a essere arrestati a tutto spiano. Erano 90 domenica 9 agosto, poco prima dell’arrivo di Kerry, tra cui una cinquantina di membri delle Damas de Blanco: erano scesi in strada portando ironicamente sul volto maschere con la faccia di Barack Obama, ma la polizia li ha circondati e li ha trattenuti per quattro ore. Era la diciassettesima domenica di fila che le Damas de Blanco  manifestavano, ed è stata la diciassettesima domenica di fila in cui sono state represse.

 

Il portavoce del Dipartimento di stato Jack Kirby ha detto che gli Stati Uniti erano “profondamente preoccupati per l’arresto di attivisti pacifici” e ha promesso che “gli Stati Uniti seguiranno a promuovere il diritto alla riunione e all’associazione pacifica, la libertà di espressione e di religione”. La visita di Kerry però si è fatta lo stesso senza modifiche e come previsto gli oppositori sono stati esclusi dal ricevimento alla riapertura dell’ambasciata. A parziale compensazione, il segretario di stato ha convocato qualcuno di loro per un incontro a parte, ribadendo l’impegno di Washington per i diritti umani. E José Daniel Ferrer García, leder dell’Unione patriottica di Cuba, ha detto anche di comprendere le motivazioni del mancato invito. Con lui c’erano anche la blogger Yoani Sánchez, suo marito Reinaldo Escobar, l’altra  giornalista indipendente  Miriam Leyva, l’attivista Elsa Morejón, gli ex prigionieri di coscienza  Marta Beatriz Roque, Oscar Elías Biscet e Héctor Maseda, il direttore della rivista “Convivencia”,  Dagoberto Valdés, e Manuel Cuesta Morúa, esponente del partito Arco Progresista, che si considera l’ala di sinistra della dissidenza.

 

Pur dicendo di comprendere a sua volta le ragioni di Kerry, non c’era neanche Elizardo Sánchez-Santa Cruz, responsabile della Commissione cubana dei Diritti umani e Riconciliazione nazionale. Ma il direttore del progetto Estado de Sats Antonio Rodiles e la leader delle Damas de Blanco Berta Soler hanno invece respinto l’invito per protesta. D’altra parte, Kerry nelle reti sociali non ha parlato di questo incontro e dopo che era tornato negli Stati Uniti, nel fine settimana successivo, a Cuba ci sono stati altri 138 arresti.

 

[**Video_box_2**]“Sono arresti che mostrano l’insicurezza del regime” ha commentato Guillermo Fariñas, vincitore del Premio Sakharov che nel 2010, con uno sciopero della fame di 134 giorni, costrinse il regime a liberare 116 detenuti politici. Un evento che vide un’importante mediazione della chiesa, considerata all’origine del processo che ha portato al disgelo cubano. Ma mentre Kerry stava all’Avana, Fariñas e Sánchez si trovavano invece a Porto Rico, per l’Incontro nazionale cubano che ha raccolto esponenti dell’opposizione dell’isola, in esilio e non, mescolando i “falchi”, da sempre fautori del sostegno di Washington contro il regime castrista, alle “colombe”, favorevoli invece all’autonomia dell’opposizione per evitare le etichette di “venduti” e “mercenari”. Sánchez, come si è detto, è stato possibilista rispetto al “disgelo”, mentre Fariñas è stato più critico. Il dibattuto delle ultime settimane, però, sembra ormai superato e gli oppositori hanno siglato tutti assieme la Dichiarazione di San Juan in cui si chiede di “restaurare la sovranità dei cittadini cubani e tutti i loro diritti fondamentali”.