Foto Ansa

il colloqio

Per il Pd le aste per la fine della tutela dimostrano che il "mercato è malato"

Maria Carla Sicilia

Che fine ha fatto la tassa Meloni ora che le bollette di oltre 4 milioni di utenti costeranno di meno? "La pagano tutti quelli che sperimentano la follia dei prezzi sul libero mercato". Parla Annalisa Corrado, responsabile Ambiente dem

"Che l’esito delle aste sia più basso del previsto è una buona notizia per quel 15 per cento dei consumatori che, allo stato attuale, non sono ancora usciti dalla tutela”, dice al Foglio Annalisa Corrado, responsabile Ambiente del Partito democratico. La contattiamo per commentare le aste elettriche che il Pd, ma non solo, avrebbe voluto rimandare contrattando una revisione del Pnrr con Bruxelles. A novembre Corrado metteva in guardia con accorato allarmismo dal rischio dei rincari, mentre la segretaria Elly Schlein parlava di tassa Meloni sulle bollette. Ora esce fuori che le bollette di chi prima era nel regime tutelato costeranno in media 130 euro in meno l’anno. Che fine ha fatto la tassa Meloni? “La tassa Meloni è quella che pagano tutti quelli che sul libero mercato hanno bollette più care e che non vengono tutelati in nessun modo”, dice ora Corrado. Il Pd si era sbagliato? “No, perché sul mercato libero le bollette costano molto di più e le aste segnano il punto di non ritorno rispetto a una tariffa tutelata dallo stato. Il servizio delle tutele graduali è solo transitorio: quando queste utenze ne usciranno si ritroveranno a pagare di più: lo ha detto Arera nella sua relazione alla Camera, l’anno scorso chi è andato sul libero dal mercato tutelato ha pagato di più nel 90 per cento dei casi”. Il ragionamento di Corrado sposta l’attenzione a quello che succederà tra tre anni, quando il regime della tutela graduale finirà. E parte da un presupposto: “Chi oggi grida alla vittoria del libero mercato fa un grave errore di fondo: i contratti a tutele graduali garantiti dalle aste non hanno nulla a che vedere con i contratti disponibili sul libero mercato, e non avere chiara questa differenza, come induce a pensare chi grida al trionfo in queste ore, espone a enormi pericoli i consumatori”. Dice allora Corrado: “Le aste sono una buona notizia per una piccola fetta di clienti ma per quelli che stanno sul libero è una pessima notizia”. Perché? “Perché hanno svelato quello che noi andavamo dicendo: cioè che sul libero mercato gli operatori fanno dei profitti molto più alti di quelli che potrebbero fare perché non funziona la concorrenza e perché il mercato non è maturo”. Intanto però, almeno per tre anni, le offerte spuntate nelle aste potranno essere un salvagente anche per quelli che pagano di più sul libero mercato. “Arera conferma quanto sostenuto da tanti e negato da molti operatori, ossia che era ed è ancora possibile rientrare nel regime della tutela. Questo significa che chi nel libero mercato ha sperimentato la follia dei prezzi, potrà rientrare sotto l’ala del tutelato per alcuni mesi e poi confluire nel mercato a tutele graduali prima di essere costretto a destreggiarsi sul mercato libero: se gli operatori sono in grado di fare offerte a un livello che è più basso del regime di tutela, come hanno fatto per aggiudicarsi le aste, perché non le fanno anche sul mercato libero? Perché il mercato è malato e fuori controllo”, dice Corrado. Che però, da socia di una cooperativa che produce energia rinnovabile in Italia, non nega che ci siano casi brillanti tra i 700 operatori che vendono energia in Italia. “Certo che ci sono modi per risparmiare e noi – assicura a nome della nuova segreteria dem – non siamo mai stati contro il libero mercato. Il problema è che serve molta informazione per aiutare i consumatori a scegliere, servono contratti confrontabili e trasparenti e meccanismi, che al momento non esistono, per rendere questo mercato davvero concorrenziale, distribuendo meglio i clienti tra gli operatori”. E proprio questo era uno degli obiettivi delle aste. L’aggiudicazione dei 26 lotti tra sette operatori (Hera, Enel, Edison, Illumia, Iren e A2A, E.On) non va in questa direzione? “No, perché conferma che i venditori reali che si spartiscono la stragrande maggioranza del mercato sono sempre gli stessi, per lo più produttori di energia, e che lo spacchettamento non ha avuto alcuna funzione di apertura del mercato”. Forse invece di chiedere una proroga e degli allarmi sui prezzi si poteva fare un’opposizione costruttiva su questi temi? “La nostra proposta di prendere tempo serviva a ragionare con operatori ed esperti, così come è stato chiesto da tutto l’arco parlamentare. Il problema è che il percorso è andato avanti a tappe forzate e non c’è stato il tempo”. La liberalizzazione del mercato energetico, ricordiamo, è stata inserita nel Pnrr dal governo Draghi di cui lo stesso Pd a guida Letta faceva parte. Il Partito democratico di Elly Schlein avrebbe preferito cancellarla? “No, noi pensiamo che questa riforma debba essere compiuta: siamo in un limbo, in una situazione che si è stratificata in tanti anni e che va risolta. Ma si è deciso di chiudere la tutela nel momento peggiore. Da quando è stato approvato il Pnrr il mondo è cambiato e un rinvio della liberalizzazione si doveva trattare con Bruxelles come si sono trattati altri aspetti. Abbiamo alle spalle i due anni più complessi da interpretare per quanto riguarda i valori dell’energia sui mercati internazionali, non era il momento giusto per compiere questo passo”. Eppure, così, oltre quattro milioni di utenze avrebbero continuato a pagare più di quanto non pagheranno ora.

  • Maria Carla Sicilia
  • Nata a Cosenza nel 1988, vive a Roma da più di dieci anni. Ogni anno pensa che andrà via dalla città delle buche e del Colosseo, ma finora ha sempre trovato buoni motivi per restare. Uno di questi è il Foglio, dove ha iniziato a lavorare nel 2017. Oggi si occupa del coordinamento del Foglio.it.