Attilio Fontana Marco Tronchetti Provera e Giancarlo Giorgetti, foto Ansa

interferenza

Perché l'assist del governo a Tronchetti Provera è un mezzo pasticcio

Paolo Cirino Pomicino

L'esercizio della golden power è andato un po' oltre. Giusto proteggere un'azienda strategica ma senza stravolgere il diritto degli azionisti

Grazie al golden power governativo che ha sterilizzato per tre anni la maggioranza relativa di Pirelli in mano ai cinesi di Sinochem che la pagarono molto bene, la Camfin, che ha solo il 15 per cento della società, ha potuto mettere un suo uomo (Andrea Casaluci) come amministratore delegato della mitica azienda milanese.

La storia di Pirelli è una storia italiana tipica di questi ultimi trenta anni durante i quali il paese ha perduto grandi eccellenze produttive e finanziarie grazie ad alcuni governi e al vecchio salotto buono del capitalismo italiano. Ma andiamo con ordine. Dopo aver dato ai russi del colosso energetico Rosneft di Igor Ivanovich Secin, amico del cuore di Vladimir Putin, una corposa minoranza della società rifiutando azionisti italiani come Vittorio Malacalza già presenti nella società, Marco Tronchetti Provera vendette la maggioranza assoluta ai cinesi di Sinochem, lasciando intatto il patto già firmato dai russi e che prevedeva la guida di Tronchetti Provera sino al 2021. Sul piano industriale i cinesi, attraverso la Pirelli, diventarono egemoni nel settore “premium” degli pneumatici per auto – avendo già la metà della produzione mondiale degli pneumatici per camion e bus – e misero, naturalmente, le mani sulla grande tecnologia della Pirelli. La grande diffusione dei suoi prodotti nel commercio mondiale fu dunque il naturale e rapido risultato di questa vendita, ma il vantaggio fu della Pirelli cinese e non più di quella italiana. 

Il governo, con il suo provvedimento, ha fatto un piacere a Tronchetti Provera andando, a nostro giudizio, oltre la ratio del golden power che va esercitato quando si vende un’azienda ritenuta strategica per il paese, non quando gli azionisti devono scegliere gli amministratori ed il loro ruolo. Forse avremmo capito un golden power che avesse imposto all’attuale maggioranza relativa detenuta dai cinesi (usciti poi dalla Camfin diventando così il primo azionista con il 37 per cento) l’obbligo di concordare con gli italiani di Camfin il nuovo amministratore delegato, non stravolgendo, però, il diritto degli azionisti lasciando alla sola Camfin (15 per cento) l’onere e l’onore di scegliere la guida della società. Guida naturalmente che nei fatti sarà sempre di Marco Tronchetti Provera che continuerà a essere vicepresidente esecutivo della società. Gli amici son sempre cari ma est modus in rebus! Le scelte scellerate fatte nel passato per conservare poteri e privilegi dovevano essere impedite all’epoca con una formidabile moral suasion governativa e non facendo un pasticcio del genere, che nel medio periodo pagheremo caramente. Ci fermiamo qui ricordando che solo da queste colonne ci fu un grido di allarme su quanto stava facendo Tronchetti Provera e sulle scelte governative dell’epoca che continuarono ad alimentare quel lento declino del nostro sistema industriale e che ancora oggi è sotto gli occhi di quelli che hanno occhi per vedere e orecchie per sentire.

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