(foto Ansa)

scelte illogiche

Taxi e caro voli, l'urgenza che non si vede e il decreto che non serve

Andrea Giuricin

Il governo medita un intervento anti algoritmo che stabilisce il prezzo dei voli. Ma non si rende conto che le criticità sono globali. E che invece sarebbe molto più semplice intervenire sulle licenze ai tassisti

Nell’estate della mobilità sembrano esserci due urgenze da risolvere velocemente: i disservizi del settore taxi e il caro voli. Queste due urgenze hanno cause diverse e soluzioni complesse e il governo sembra avere la volontà di affrontarle entrambe. Prima di capire gli strumenti che l’esecutivo vuole mettere in atto, sarebbe bene comprendere le cause di queste problematiche. Nel caso del cosiddetto caro voli l’Italia non è un unicum, al contrario dei taxi dove ormai il livello di disservizio italiano è riconosciuto a livello internazionale. La stessa Antitrust italiana ha aperto un’indagine per comprendere le cause dei pesanti disagi per l’utenza dei taxi, mentre nessuna indagine è stata aperta sull’andamento dei prezzi dei biglietti aerei.

 

Quest’ultima problematica deriva dal fatto che l’aumento del 20-30 per cento del prezzo medio dei biglietti è causato da alcuni fattori globali. In primo luogo, la domanda di trasporto aereo è aumentata in maniera significativa e a maggio/giugno 2023 si sono raggiunti i massimi storici mensili per il numero di passeggeri secondo i dati Assaeroporti. A fronte di un forte aumento della domanda, l’offerta è rimasta limitata: il numero di voli è inferiore a quello del 2019 sia perché alcuni aeroporti nel nord Europa continuano ad avere delle limitazioni alla capacità, sia perché i produttori di aeromobili sono in ritardo nelle consegne.

 

Oltre al tema inflattivo generale che ha un impatto sull’incremento dei salari del settore, nel mondo aereo c’è una problematica contingente legata al prezzo del carburante. Se dal punto di vista puntuale il prezzo del carburante è sceso rispetto allo scorso anno, il prezzo pagato dalle compagnie aeree è di circa il 30-40 per cento superiore per via delle coperture che le stesse avevano fatto contro i rischi di ulteriori aumenti per l’invasione russa dell’Ucraina. Per questo cercare di intervenire, come annunciato dal governo, con un decreto legge sugli algoritmi che riguardano il revenue management delle compagnie, difficilmente potrà dare gli effetti sperati, mentre sarebbe opportuno pensare di abbassare le tasse d’imbarco dei passeggeri che ormai incidono per oltre il 20 per cento del prezzo medio del biglietto aereo di una low cost. 

 

Per i taxi, invece, la soluzione del governo sembra essere molto diversa. Nessun decreto legge è alle porte, ma si è aperto un tavolo di concertazione dei ministri delle Imprese Urso e dei Trasporti  Salvini con i tassisti per pensare di “regalare” ulteriori licenze a chi già ne ha una. Eppure in questo caso ci sarebbe tutta l’urgenza di intervenire, dato che le cause dei disservizi sono tutte italiane e dipendono dalla politica. C’è da ricordare che le licenze sono state date gratuitamente ai tassisti dai comuni e solo in un secondo tempo questi le hanno rivendute. L’incremento del numero delle licenze è sicuramente un primo punto necessario, perché è evidente che il numero attuale è scarso.

A Roma, Napoli o Milano sono circa un terzo di Barcellona o Parigi (in rapporto agli abitanti) e se il confronto viene fatto con Londra o Singapore, dove il numero delle licenze è più limitato, in queste due città vi sono molti operatori privati che offrono servizi di mobilità innovativi e alternativi. Il numero delle licenze dovrebbe essere immediatamente aumentato da parte degli enti locali, mentre il governo dovrebbe risolvere il problema alla radice e vedere quanto succede negli altri paesi. Ad esempio aprendo a nuovi operatori tecnologici. Viene incontro la recente sentenza della Corte di giustizia dell’Ue che ha stabilito,  nel caso di Barcellona ,come il numero dei cosiddetti Ncc non possa essere limitato. A Milano ci sono circa 200 Ncc a fronte di meno di 5mila taxi e a Roma mille Ncc con circa 8mila taxi. Aprire il mercato significa fare entrare nuovi operatori che possano soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini, evitando la situazione attuale di lunghe code e chiamate inevase. Insomma, sarebbe più opportuno intervenire per decreto sul settore taxi rispetto al caro voli su cui un decreto può rivelarsi inefficace. Ma a quanto pare il governo è intenzionato a fare l’esatto il contrario.

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