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L'analisi

L'urgenza di aumentare le licenze sui taxi e di tornare all'agenda Draghi su riforme e liberalizzazioni

Andrea Giuricin

La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, circa le limitazioni imposte al numero delle licenze a Barcellona degli Ncc, apre la porta a possibili modifiche al settore della mobilità non di linea, anche in Italia

Il settore della mobilità non di linea, ovvero taxi e noleggio con conducente (Ncc), potrebbe andare incontro a cambiamenti importanti nel prossimo futuro. La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, circa le limitazioni imposte al numero delle licenze a Barcellona degli Ncc, apre la porta a possibili modifiche al settore anche in Italia. La decisione della Corte esprime infatti una posizione molto chiara, che è quella che le limitazioni al numero delle licenze non sono possibili se la giustificazione è il mantenimento del valore della licenza stessaIl settore in Italia ha gravi carenze, come dimostrano soprattutto in questo periodo le difficoltà in molte città nel riuscire a trovare una disponibilità adeguata di taxi. La mobilità non di linea è cambiata in quasi tutto il mondo con l’arrivo delle piattaforme che con l’ausilio della tecnologia e di offerta aggiuntiva che hanno permesso un grande salto nella qualità della mobilità urbana. Questo succede non solo negli Stati Uniti, ma anche in India, nel Sudest asiatico e in Africa, ma non in Italia dove invece le licenze sono molto carenti e dove servizi alternativi sono fortemente limitati. Al di fuori di quanto affermato dalla Corte di Giustizia, i decisori politici dovrebbero rivoluzionare il servizio al fine di dare maggiori possibilità di scelta di mobilità ai cittadini.

Purtroppo, sia a livello locale sia a livello nazionale la politica ha sempre evitato di fare riforme e liberalizzazioni. A livello locale dovrebbe essere aumentato il numero delle licenze al fine di avere maggiore offerta di mobilità: è chiaro che un’operazione del genere porterebbe a una diminuzione del valore delle licenze esistenti, ma bisogna pur ricordare che quasi sempre queste licenze sono state assegnate gratuitamente dai comuni e che solo in un secondo tempo sono state rivendute in alcuni casi a caro prezzo. C’è da sottolineare che le carenze nel trasporto pubblico locale, come succede a Roma con l’Atac, hanno delle conseguenze indirette anche sul settore dei taxi che si ritrova in diverse parti della giornata in sofferenza per via della mancanza cronica di mezzi alternativi. L’aumento del turismo (il numero di passeggeri negli aeroporti italiani ad aprile del 2023 ha superato per la prima volta il livello del 2019 secondo i dati Assaeroporti) sta acuendo il problema con un picco della domanda, ma ovviamente il problema non possono essere i turisti in arrivo: è un’offerta che è rigida da anni.

Se a livello locale la cosa più immediata da fare è l’incremento del numero delle licenze, a livello nazionale si dovrebbe pensare a una riforma complessiva che possa introdurre la nuova mobilità facendo attenzione a mantenere la concorrenza tra le diverse piattaforme. Ma anche questa liberalizzazione è temuta dalla politica (oltre che dai tassisti, ovviamente) che proprio nella scorsa legislatura ha bloccato il tentativo di riforma del governo Draghi. Pensare di risolvere i gravi problemi della mobilità urbana che affliggono molte città italiane con la sola riforma dei taxi e degli Ncc sarebbe velleitario, ma è chiaro che si tratta di un pezzo della soluzione, che include riforme ancora più incisive come la liberalizzazione del trasporto pubblico locale. E tuttavia la sensazione è che la politica non voglia fare né l’una né l’altra cosa.

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