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l'editoriale del direttore

Open to meraviglia! Sfidare l'Italia del catastrofismo si può

Claudio Cerasa

L’industria del pessimismo può essere smentita. Come si fa? Con la forza dei numeri. Salari, aspettativa di vita, mercato del lavoro: gli indicatori di molte performance italiane sono migliori di quanto si immagini. Un caso di scuola

C’è un’Italia reale, un’Italia cioè dove i fatti contano più degli slogan e dove i numeri contano più della propaganda, che spesso sfugge ai riflettori dell’Italia percepita e quando qualcuno osa sfidare l’immagine farlocca che l’Italia tende ad avere di se stessa, un’Italia cioè dove ogni problema diventa un allarme e dove ogni guaio diventa una catastrofe, quel qualcuno merita di essere celebrato con un applauso fragoroso. L’Italia ottimista (open to meraviglia!) è un’Italia che conosce bene i vizi del nostro paese, ovvio, ma è anche un’Italia che tende a non nascondere le circostanze in cui le virtù si palesano e in cui le crisi non si trasformano in cataclismi ma assumono improvvisamente le sembianze di incredibili opportunità. Opportunità di crescita, opportunità di innovazione, opportunità di rinnovamento. L’applauso fragoroso degli ottimisti oggi merita di essere rivolto al numero in uscita di Aspenia, “Noi italiani”, che con coraggio ha messo insieme una serie di autori per affermare con forza l’esistenza di un’Italia reale che avrebbe il diritto di essere rappresentata nei talk-show con la stessa forza con cui viene rappresentata l’Italia percepita delle chiacchiere, del pessimismo, delle catastrofi. Si scopre così, leggendo un’intervista a Giuliano Amato, che nell’Italia di oggi “le imprese esportatrici sono ormai al livello delle loro concorrenti tedesche” e sono imprese che per esempio “hanno già cambiato il mix energetico prima ancora che le politiche pubbliche orientassero i modelli di business in quella direzione”. Si scopre così per esempio che è vero che la natalità bassa in Italia è un dramma assoluto ma è anche vero che una delle ragioni per cui l’Italia ha un’età media molto alta (46,5 anni, il terzo dato più alto del mondo dopo Germania e Giappone) è dovuto anche al fatto che nel nostro paese vi è una delle aspettative di vita più alte al mondo (82 anni, la quinta in assoluto).

 

Si scopre così che è vero che i salari in Italia in media sono bassi ma sono bassi anche perché solo una frazione degli italiani possiede una laurea (il 13 per cento dei residenti, solo il 28 per cento dei giovani tra i 25 e i 34 anni, contro una media Ocse del 47 per cento) e se si vanno a osservare i salari dei laureati si scoprirà che in Italia chi si laurea ha un reddito non diverso dalla media europea (la differenza di salario tra i livelli d’istruzione più bassi e più alti in Italia si colloca tra i 27.806 e i 44.104 euro annui, nell’area euro tra  tra 25.518 e 51.200 euro). Si scoprirà questo ma si scoprirà anche altro rispetto alla traiettoria economica del nostro paese. Lo sapevate, per esempio, che nell’ultimo biennio il pil italiano è aumentato dell’11,7 per cento, più di quello mondiale? Lo sapevate che negli ultimi tre anni i dati dell’Istat segnalano che in Italia la diseguaglianza piuttosto che essere aumentata è diminuita? Lo sapevate che il numero di contratti di lavoro in Italia, nell’Italia che proprio mentre scriviamo ha toccato il suo massimo storico in termini di occupati, è all’83 per cento costituito da contratti a tempo indeterminato? Lo sapevate che, secondo un recente rapporto di Mediobanca, le imprese a media capitalizzazione, nel nostro paese, hanno avuto nel 2022 una performance del 20 per cento superiore a quelle corrispondenti di Francia e Germania? Lo sapevate che la ricchezza degli italiani detenuta in immobili e attività finanziarie è cresciuta del 3 per cento nel 2021, arrivando a quota 10.422 miliardi di euro? Esiste un’Italia reale, che con forza, con rabbia, con ostinazione, ogni giorno fa un piccolo tentativo per mostrare il suo volto. Dedicare attenzione a quell’Italia non è un modo per allontanarsi dall’Italia che soffre ma è un modo per ricordare che l’Italia ha gli anticorpi giusti per evitare che il quotidiano racconto allarmistico del nostro paese diventi rocambolescamente quello che l’Italia non merita: una profezia che si autoavvera grazie a chi ha trasformato il pessimismo in un business di successo, a uso e consumo delle poltroncine in prima serata. Open to meraviglia!

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.