La sede della Bce a Francoforte (Foto LaPresse)

Siam pronti alla Corte

Guido Tabellini

Perché i duri rilievi tedeschi sul Quantitative easing possono aiutare l’Europa a rafforzare finalmente la sua capacità fiscale

La Bce è diventata troppo indipendente. In un certo senso, questo è il significato della sentenza quasi unanime rilasciata dalla Corte Costituzionale tedesca. Perché mai i paladini dell’indipendenza della banca centrale sono giunti a questa conclusione? E quali sono le implicazioni? Secondo la Corte tedesca, la Bce ha ecceduto i limiti del mandato conferitole con i trattati europei

 

Perché non avrebbe giustificato la decisione di acquistare titoli di stato, nell’ambito dei programmi di “Quantitative Easing” iniziati a marzo 2015 e continuati successivamente. Secondo la Corte, acquisti su scala così grande hanno effetti economici che vanno ben oltre la politica monetaria e il controllo dell’inflazione. Essi riguardano anche la formazione dei prezzi delle attività finanziarie e possibili bolle speculative, l’assunzione di rischi nei bilanci delle banche centrali, il finanziamento dei disavanzi pubblici e la politica fiscale. Sebbene la Bce non abbia violato le regole sulla monetizzazione del debito, essa avrebbe dovuto giustificare in modo convincente le sue decisioni, per mostrare che non erano sproporzionate all’obiettivo di inflazione conferitole con i trattati. Non averlo fatto implica che ha ecceduto nell’esercizio della sua discrezionalità, che non è illimitata ma che è circoscritta alla politica monetaria nell’ambito di regole e obiettivi ben definiti. La Corte tedesca ha anche tirato un forte ceffone alla Corte di Giustizia Europea, che già si era espressa positivamente al riguardo. Secondo i giudici tedeschi, la Corte di Giustizia Europea ha palesemente sbagliato. Implicitamente la Corte tedesca ha anche ribadito la supremazia della giurisprudenza costituzionale tedesca su quella europea, in quanto la seconda deriva dalla volontà nazionale espressa nei trattati.

 

Ora il Consiglio Direttivo della Bce ha tre mesi di tempo per prendere una decisione motivata e sostanziata che chiarisca perché il programma di acquisti di titoli di stato avviato nel 2015 è adeguato alle circostanze e non sproporzionato. Se ciò non accade, la Bundesbank non potrà partecipare a quel programma, e dovrà rivendere i titoli già acquistati. Inoltre, nello spiegare perché finora la BCE non ha violato i vincoli alla monetizzazione del debito, la Corte tedesca ha elencato una serie di paletti su modalità, tempi e quantità per gli acquisti di titoli di stato. Sebbene la Corte non si pronunci sui recenti interventi della Bce per l’emergenza sanitaria, le sue precisazioni sono rilevanti anche per gli acquisti che la Bce sta facendo ora, e per ciò che è autorizzata a fare in futuro senza violare la legge tedesca.

 

Nell’immediato, la sentenza della Corte Costituzionale tedesca non cambierà il corso della politica monetaria europea. La Bce è soggetta alla legge europea, non a quella tedesca, e la Corte di Giustizia Europea si è già espressa. Non vi è alcun obbligo per la Bce di soddisfare le richieste tedesche di giustificare le sue decisioni, e comunque non le sarebbe difficile farlo.

 

La sentenza tedesca, tuttavia, non può essere sottovalutata. Innanzitutto per le sue implicazioni economiche. E’ probabile che, nello scrivere la sentenza sulla politica monetaria del 2015, i giuristi tedeschi stessero in realtà guardando al 2020, e al nuovo programma di acquisti di titoli di stato a fronte dell’emergenza sanitaria. Pochi giorni fa il capo-economista della BCE ed ex-governatore della Banca d’Irlanda, Philip Lane, ha chiarito che la BCE ha anche il compito di arginare la volatilità dei differenziali di interesse tra i titoli di stato dell’area euro, per contrastare la mancanza di fiducia e la speculazione finanziaria. Ha perfettamente ragione. Ma non sarà facile farlo rispettando i limiti ricordati dai giudici tedeschi, secondo i quali gli acquisti di titoli di stato dovrebbero essere temporanei, limitati, proporzionati alle dimensioni degli stati e al debito in circolazione, rispettosi nella sostanza della separazione tra mercato primario e secondario, condizionati alla solvibilità del debitore, e non compromettere l’obiettivo di stabilità dei prezzi.

 

Vi è ora una decisione importante che la Bce dovrà prendere: se soddisfare la richiesta tedesca di giustificare le sue decisioni passate, spiegando perché non ha violato il principio di proporzionalità. Oppure affermare il principio che non è tenuta a dare nessuna giustificazione alla Germania; in questo caso, il programma di acquisti di titoli di stato continuerebbe senza la partecipazione della Bundesbank.

 

E’ probabile che la Bce scelga la prima e più facile alternativa. Spingere la Bundesbank fuori dai programmi di acquisti potrebbe essere avventato in un momento di incertezza come questo. Ma non è detto che sia la scelta giusta. Le decisioni della Bce sono prese a maggioranza semplice, e la Germania è in minoranza. Fino a che la Corte di Giustizia Europea dà ragione alla Bce, non c’è nulla che la Germania possa fare per impedire gli acquisti di titoli di stato. Né è credibile che la Germania decida unilateralmente di uscire dall’Euro.

 

Rifiutandosi di giustificare le decisioni passate e affermando la sua indipendenza, la Bce renderebbe ancora più evidente che la Germania ha una visione della politica monetaria che è in contrasto con quella del resto dell’Eurozona. Ma chiarirebbe che questo è un problema tedesco, non europeo. Vi è il rischio che questo allontani ancora di più la Germania dall’Europa. Ma è anche possibile il contrario: e cioè che i politici tedeschi si convincano che stiamo chiedendo troppo alla politica monetaria, e che è giunto il momento di affiancare alla moneta unica anche una seppur piccola capacità fiscale europea.

Di più su questi argomenti: